Il Tribunale di Perugia, in persona del Giudice dr. Edoardo Postacchini, con sentenza n. 1129/2024, ha rigettato l’appello proposto da Umbra Acque contro la sentenza del Giudice di Pace di Perugia, Dr.ssa C,. Cristiani, che aveva a suo tempo accolto il ricorso di un utente del servizio idrico.
La causa aveva preso il via dal ricorso presentato al Giudice di Pace di Perugia dal sig. Piero Consalvi, con il supporto del Comitato Umbro Acqua Pubblica e con l’assistenza dall’avv. Sandro Ponziani, del foro di Città di Castello, con il quale si chiedeva il riconoscimento del diritto al rimborso degli importi indebitamente corrisposti ad Umbra Acque, non solo dal novembre 2008 in poi, ma anche dal maggio 2003 al novembre 2008; infatti all’utenza del ricorrente, pur non essendo servita da alcun impianto di depurazione, Umbra Acque Spa, aveva sempre addebitato la quota di tariffa riferita alla depurazione, da ritenersi però non più dovuta a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 335/2008, che aveva dichiarato la illegittimità di tale balzello, in mancanza del relativo servizio.
All’esito del primo grado di giudizio, il Giudice di Pace aveva condannato Umbra Acque S.p.a., difesa dal Prof. Avv. Carlo Calvieri, a rimborsare la quota di depurazione non dovuta, per chi non è servito da depuratore funzionante, applicando al rimborso la prescrizione decennale, e condannando altresì il gestore al pagamento delle spese di giudizio.
Infatti, a seguito della predetta sentenza della Corte Costituzionale, l’Ambito Territoriale Integrato n.1 n.2, dell’Umbria, le cui competenze sono poi state trasferite all’ A.U.R.I., nonché Umbra Acque, hanno optato per una interpretazione estremamente restrittiva della sentenza della Corte Costituzionale, lesiva dei diritti degli utenti, volta a rimborsare la depurazione, calcolandola soltanto per cinque anni dalla data della domanda di rimborso.
Il Giudice di Pace di Perugia, aveva invece accolto quanto sostenuto dall’Avv. S.Ponziani, secondo il quale il rimborso doveva essere calcolato in maniera retroattiva per dieci anni ( e non cinque), a ritroso dalla data della sentenza, a far data quindi dal 2003, inizio della gestione di Umbra Acque; ciò in quanto il rimborso doveva essere considerato come una somma unitaria, da rimborsare all’utente, con prescrizione pertanto decennale, ai sensi dell’art. 2946 del Codice civile, trattandosi di somme indebitamente percepite da Umbra Acque e quindi soggette al regime di cui all’art. 2033 c.c. (come più volte ribadito anche da numerose Sezioni Regionali della Corte dei Conti, e ora anche dalla Corte di Cassazione).
Ciò malgrado, contro tale sentenza Umbra Acque presentava ricorso in appello al Tribunale di Perugia, il quale, all’esito del procedimento, con la recente sentenza, ha però confermato quanto già sancito dal Giudice di primo grado.
Il Tribunale, in particolare, ha rigettato la tesi di Umbra Acque della prescrizione quinquennale ( e non decennale ) del diritto al rimborso, nonché l’altra asserzione del gestore – lesiva dei diritti degli utenti – secondo cui la sentenza della Corte Costituzionale dovrebbe valere solo dalla data della sua emissione in poi.
Ha confermato pertanto che il pagamento eseguito dall’utente è da ritenersi indebito, e che al medesimo debba applicarsi l’art. 2033 del Cod. Civile, con conseguente prescrizione decennale.
Il Giudicante ha altresì ritenuto manifestamente infondata l’altra tesi di Umbra Acque secondo cui, in base all’art. 8 sexies del DL n.208/2008, la determinazione della somma da rimborsare sarebbe di spettanza della medesima; è infatti evidente – osserva il Tribunale – che l’omissione di una tale determinazione da parte del gestore è senza dubbio suscettibile di determinazione giudiziale all’esito di un giudizio contenzioso.
Per tale motivi, Il Tribunale di Perugia ha rigettato l’appello di Umbra Acque, condannandola alla restituzione all’utente delle somme indebitamente percepite, nonché al pagamento delle spese legali del giudizio, ed anche al pagamento di un’ulteriore somma a titolo di contributo unificato.
La sentenza assume una particolare importanza, per tutti gli utenti ai quali siano state fatte pagare – o tuttora siano fatte pagare – somme a titolo di depurazione, pur non ricorrendone i presupposti di legge, i quali potranno far valere nei confronti del gestore il diritto al rimborso delle somme indebitamente corrisposte, o alla non corresponsione delle somme ancora non pagate richieste a tale titolo.