Acqua che si trasforma in soldi. Soldi che si trasformano in titoli finanziari strutturati: cioè in profitti garantiti alle aziende privatizzate dai Comuni, quindi con i soldi dei cittadini. È il gioco perverso denunciato attraverso il film-documentario Water makes money, la cui proiezione (l’iniziativa si è tenuta il 23 settembre scorso a Perugia presso il Cinematografo Comunale Sant’Angelo) ha segnato il via alla mobilitazione promossa per rilanciare anche in Umbria, dopo la pausa estiva, la campagna a favore della ripubblicizzazione dell’acqua.
Dopo lo straordinario successo registrato dalla raccolta di firme a sostegno dei tre referendum indetti per tornare ad una gestione pubblica e partecipata del servizio idrico, che ha visto raccogliere in tutta la regione 15000 adesioni, la sfida è ora tenere viva l’attenzione dei cittadini per ottenere il raggiungimento del quorum. Attorno a tale obiettivo si sono incentrati i lavori dell’Assemblea nazionale dei movimenti per l’acqua che ha visto riuniti a metà mese a Firenze i comitati locali e le associazioni impegnate nella campagna referendaria. Nel corso dell’incontro gran parte dell’attenzione è stata dedicata all’individuazione delle iniziative per garantire la raccolta dei fondi necessari, aspetto con il quale, naturalmente, dovrà fare i conti anche il movimento umbro. Ma per sensibilizzare i cittadini la strada più efficace è evidenziare i problemi e i disagi causati localmente dalla privatizzazione del servizio. E così ci è sembrata interessante la scelta di accompagnare la proiezione del film, tenutasi in concomitanza in centinaia di città europee, con la presentazione dell’indagine su acqua, rifiuti e trasporti, realizzata a Perugia e provincia da Attac (per questioni di tempi non possiamo rendervi conto dei dati emersi, per i quali vi invitiamo a consultare il sito dell’associazione).
L’altro versante sul quale si sta lavorando è quindi la campagna per ottenere la realizzazione di una capillare analisi dell’acqua potabile in tutto il territorio umbro. A questo riguardo riproponiamo le proposte avanzate dal professor Marco Mamone Capria, dell’Università di Perugia, che ha pubblicamente denunciato le lacune del monitoraggio effettuato dall’Arpa, riassumibili in tre punti: 1) la diffusione in rete delle più recenti analisi dell’acqua potabile eseguite dall’Arpa, suddivise quartiere per quartiere; 2) la realizzazione di un sito regionale dedicato allo “stato di salute” dell’acqua; 3) garantire al cittadino la possibilità di accedere a un servizio di analisi complete dell’acqua del suo rubinetto a un prezzo politico (i punti sono riportati sul sito www.acquapubblica-umbria.noblogs.org).
Intanto si moltiplicano le installazioni di distributori di acqua potabile ad un prezzo simbolico. Dopo le positive esperienze inaugurate lo scorso anno a Foligno e Spoleto, è da registrare l’installazione del distributore presso il Comune di Umbertide. In questo caso dipendenti e visitatori possono gratuitamente bere un bicchiere d’acqua dell’acquedotto pubblico, adeguatamente filtrata e purificata. La curiosità è che la struttura è un’installazione artistica, realizzata da Pierluigi Monsignori: al lavabo fa da basamento un cesto di immondizia pieno di bottiglie di plastica, che simboleggia il carico di rifiuti a cui sottoponiamo l’ambiente consumando acqua minerale dalle bottiglie in plastica. Particolare clamore sta accompagnando la battaglia per tornare alla gestione pubblica che vede protagonista il sindaco di Anghiari Danilo Bianchi. La sua posizione ha finalmente aperto una discussione in tutto il territorio. La speranza è che il suo esempio faccia proseliti tra gli amministratori della Valtiberina umbro-toscana.