12 E 13 GIUGNO 2011 Ventisette milioni di italiani abrogano con il referendum l’articolo 23 bis del decreto legge n. 112 del 2008 che obbligava alla privatizzazione dei servizi pubblici, tra cui anche la gestione dell’acqua.
Un atto di democrazia diretta che viene affossato subito dopo dal governo tecnico del Prof. Monti, tramite l’affidamento della regolamentazione del SII (Servizio Idrico Integrato) all’ARERA (Autorità di regolazione di mercato) che adotta un sistema tariffario tale da rendere strutturali i margini di convenienza o comunque di tutela per il gestore privato e facendo fare così un grosso balzo in avanti alle politiche neoliberiste in Italia, contro la volontà popolare.
A giugno 2020, grazie all’emergenza COVID-19, lo stato di diritto viene abolito del tutto.
I più semplici diritti costituzionali sono affossati: l’istruzione, la giustizia, la salute (tranne le terapie intensive per il COVID-19), blocco della libera circolazione delle persone, dell’economia e, naturalmente, crollo del diritto al lavoro.
Dopo il blocco inizia la fase 2, che riguarda soprattutto le misure per la riapertura delle attività economiche e commerciali, decise dopo lunghe trattative con Confindustria, mentre l’attuazione del piano pandemico rimane sulla carta, così come l’esercizio dei diritti costituzionali, compresa la libera circolazione delle persone che arriverà solo a giugno per il territorio nazionale.
Tutto ciò è condito dal sistema informativo/comunicativo social e mainstream che per tutto il periodo è impegnato a diffondere dati statistici su contagiati, morti e tamponi, oltre che notizie sull’eventuale andamento e pericolosità del virus, che contribuiscono a creare tanta incertezza e paura in modo da annientare ogni consapevolezza tra le persone.
La Democrazia è moribonda e l’unica cura che riceve si chiama neoliberismo.
Un neoliberismo che sembra ancora più forte di prima e che, invece di essere l’imputato principale della crisi sociale ed economica in corso, detta la linea ai governi nazionali ed alle istituzioni europee.
DOPO 9 ANNI CHE SEMBRANO 9 SECOLI il documento di Water Europe (WE) infatti rilancia un progetto complessivo politico-economico, proprio a partire dall’acqua.
L’associazione che raccoglie più di 200 membri, tra cui fornitori e gestori di servizi idrici che dettano la linea (Veolia, Suez, Acciona, Canal de Isabel II, AEAS, Severn Trent, Utilitalia, Coca Cola e altre) e rappresentanti della società civile, autorità pubbliche e universitarie che fanno da supporto, ha pubblicato un documento dal titolo “Il valore dell’acqua: verso una società europea intelligente per l’acqua a prova di futuro (Water Smart Society)“, dove per valore non si intende di certo quello inestimabile di un bene essenziale alla vita, da preservare per le generazioni future, ma quello economico.
Vengono previsti investimenti nel settore idrico pari all’1,5% del PIL globale (l’OCSE evidenzia che entro il 2030 saranno necessari circa 253 miliardi di euro in investimenti nel settore idrico della sola Europa) e per ogni euro investito è stimato un rendimento di circa 4 €.
Quindi grandi risorse finanziarie da investire e grandi profitti da realizzare!
La definitiva acquisizione dell’acqua come fonte di profitto, oltre a definirne il valore economico e la redditività, ne fa il cardine di un progetto politico complessivo, “l’impronta dell’acqua” che con una falsa attenzione alla sostenibilità ambientale mira al controllo dei consumi nelle sue varie forme (uso civico o produttivo) ed al controllo dei bacini idrografici. Tutto sempre orientato a non comprometterne il rendimento in termini di profitti, anzi ampliando la sfera della redditività degli investimenti nel settore idrico.
Il progetto comprende anche “Acqua digitale”, la digitalizzazione dei processi di gestione del servizio finalizzata alla facilitazione delle transazioni finanziarie e commerciali, ma anche, e da non sottovalutare, alla produzione di grandi quantità di dati degli utenti (big data) utili per i sistemi di governance e processi decisionali innovativi.
Con grande benevolenza sociale, prevede inoltre di incoraggiare l’inclusione e la partecipazione dei cittadini alla gestione del servizio idrico, non per deciderne le politiche sul territorio, ma solo per seguire le finalità delle Water Smart Society ed ottenere quindi una pacificazione sociale “compatibile” e “profittevole”.
Un esempio che va nella direzione descritta ce l’abbiamo già sotto gli occhi, il cosiddetto Piano Colao per la rinascita dell’Italia che ai punti 33 e 34 propone per il settore idrico una revisione/semplificazione della normativa in materia di opere pubbliche e di valutazione di impatto ambientale per tutte gli investimenti infrastrutturali; una revisione del sistema tariffario finalizzato ad aumentare l’attrattività degli investimenti privati nel settore idrico (che tradotto significa aumento delle tariffe); una revisione del sistema di governo del settore per stimolare le grandi aggregazioni di imprese e i partenariati pubblico-privati, estesi anche al settore delle multiutility e dell’energia. Nel complesso un insieme articolato di proposte finalizzate a rendere definitivo il processo di privatizzazione e finanziarizzazione del settore idrico.
DOPO 9 ANNI CHE SEMBRANO 9 SECOLI, dopo un referendum tradito, dopo la riduzione delle Autorità d’Ambito e dei Comuni a semplici passacarte dei gestori privati, oggi l’acqua è al centro di un attacco che oltre ad assumerla definitivamente come bene economico strumento di profitto, la rende oggetto di un ingente investimento di risorse fuori dal controllo pubblico e dal perseguimento di finalità sociali, totalmente nelle mani delle grandi imprese del settore delle multiutility che governeranno direttamente la risorsa, la controlleranno lungo tutto il processo, dalle sorgenti all’erogazione, dalla depurazione all’impatto ambientale, assumendone anche la funzione di controllori ambientali, produttivi e dei bisogni.
L’ideologia della compatibilità economica che impera sul sistema politico ha distrutto i diritti sociali ed il primato del profitto ha rapinato le risorse ambientali.
DOPO 9 ANNI CHE SEMBRANO 9 SECOLI l’acqua deve rimanere a maggior ragione il simbolo della battaglia per la difesa delle risorse naturali e per il diritto alla vita, contro la sua riduzione a merce, il campo su cui costruire dal basso la resistenza e la rivendicazione libera e democratica dei diritti primari, dalla salute all’istruzione, dal reddito ai servizi, così come dei diritti civili, come stanno già dimostrando le lotte in tante parti del mondo, dal Cile al Sudan, dagli USA ad Hong-Kong, alla Francia.
DOPO 9 ANNI CHE SEMBRANO 9 SECOLI: RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE!
Comitato Umbro Acqua Pubblica