Si è conclusa alla fine di settembre l’azione popolare presentata al Tribunale di Perugia con la quale il Comitato Umbro Acqua Pubblica, attraverso una rappresentante, con il supporto di oltre mille firme di cittadini utenti, chiedeva la risoluzione del rapporto con Umbra Acque spa per inadempienza contrattuale dovuta alla mancata realizzazione degli investimenti e la mancata applicazione delle penali e delle sanzioni previste dalla Convenzione di gestione da parte dell’AURI, come si conviene in tutti i rapporti contrattuali con le imprese private.
Il Comitato chiedeva inoltre l’adeguamento delle tariffe in funzione degli investimenti non realizzati da umbra Acque spa e/o riproposti nei piani d’ambito successivi e la restituzione agli utenti della differenza della parte tariffaria pagata per quegli investimenti programmati e mai realizzati.
Tutt’ora ci sembrano richieste del tutto legittime in un regime di privatizzazione del servizio idrico, affidato ad una impresa privata come Umbra Acque spa che ricordiamo è rappresentata per il 60% dai comuni ma con un socio privato per il 40% che è ACEA, quindi la multinazionale SUEZ e Caltagirone, socio privato che controlla l’amministrazione attraverso l’Amministratore delegato ed i poteri particolari riconosciuti dallo Statuto al Consiglio d’Amministrazione.
Il Tribunale di Perugia non si è espresso nel merito della gestione, ma nonostante abbia riconosciuto la corretta esposizione degli “inadempimenti, richiamando le convenzioni e gli obblighi ivi previsti, nonché dando conto di tutte le informazioni in suo possesso da cui emergerebbero le violazioni.” e la legittimità delle richieste presentate dal comitato, ha invece riconosciuto che non c’è stata inerzia da parte dell’AURI che ha sanato tali inadempienze riconoscendo maggiori costi operativi sulle tariffe.
L’AURI e il Comune di Perugia (precedente amministrazione) infatti, che potevano non intervenire nel procedimento, si sono costituiti, ovviamente, non dalla parte dei cittadini che li hanno eletti e per la tutela della risorsa e del servizio idrico, presupposto del diritto all’accesso all’acqua, ma dalla parte di Umbra Acque spa, delle multinazionali che rappresenta e dei sempre maggiori profitti che traggono dalla gestione (vedi gli utili di Umbra Acque negli ultimi anni, € 7,8 milioni nel 2023; € 9,3 milioni nel 2022)
Quindi ai cittadini e all’ambiente spetta non solo il danno, ma anche la beffa!
Infatti non solo subiscono il danno di mancati investimenti in termini di perdite delle reti, depurazione e qualità delle acque, ma devono anche coprirne i costi con gli aumenti tariffari.
La conclusione della vicenda non è una novità: la tutela del diritto fondamenta all’accesso all’acqua e la tutela dell’ambiente non si possono ottenere con l’intervento dei privati che hanno come unico scopo il profitto ma solo con una gestione pubblica e partecipata da cittadini e utenti.
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