Questo è quanto successo a L. A. e S. B. una giovane coppia con un bimbo di 5 anni, lei disoccupata dopo aver ottenuto un diploma da infermiera, lui da circa un anno senza lavoro, che si sono trovati nell’impossibilità di pagare le bolletta dell’acqua.
Il SII di Terni, una settimana fa, l’8 aprile, senza nessuna raccomandata di preavviso, ha chiuso l’acqua e asportato il contatore alla loro abitazione.
Il giorno dopo si sono recati presso gli uffici del gestore spiegando la delicata situazione familiare ed economica che stanno affrontando in questo periodo e chiedendo una rateizzazione della bolletta, ma è stato loro risposto che senza il pagamento integrale del debito e le spese del riallaccio non avrebbero potuto riavere l’acqua.
Dopo una settimana stamattina (16/03) il caso è venuto alla conoscenza del Comitato per l’acqua bene comune di Terni (http://comitatoacquaterni.blogspot.it/) che, coordinandosi col Comitato regionale Umbro per l’acqua pubblica (http://acquapubblica-umbria.noblogs.org/), ha preparato una denuncia, presentata da L.A. ai carabinieri, mentre contemporaneamente veniva avvisato e sollecitato il Sindaco di Terni, garante della salute dei cittadini (a prescindere dalle loro condizioni economiche). Le pressioni dei comitati e l’intervento del Sindaco sono stati risolutivi per ristabilire un diritto fondamentale come quello dell’acqua. Dalla tarda mattinata di oggi il piccolo F. di 5 anni ha di nuovo l’acqua da bere nella sua casa.
Il comitato si fa garante del diritto all’acqua come bene comune, risponderemo con denunce e vertenze a qualsiasi interruzione del servizio idrico nelle case e nelle famiglie forti del principio che l’acqua è un bene comune e non una merce, un diritto inalienabile delle persone. Ricordiamo, tra le tante, la sentenza di Tempio Pausania del 6/07/2012 che ribadisce che il diritto all’acqua è un valore essenziale protetto dalla Costituzione.
Questo atto è una grave lesione del diritto fondamentale all’accesso all’acqua, bene indispensabile alla vita umana. L’interruzione dell’erogazione dell’acqua costituisce una violazione del diritto alla salute e si configura come la causa di una potenziale emergenza igienico-sanitaria. Questa è la diretta conseguenza della privatizzazione della gestione dell’acqua, bocciata sonoramente dal 92% degli italiani attraverso un referendum disatteso dalla casta politico-economica in tutela degli interessi e dei profitti privati. Se paghi bevi, se non paghi ti tolgo l’acqua. Come se fosse una merce e non un diritto inalienabile. Oltretutto questo diritto viene negato a fronte della pretesa di una tariffa che non ha recepito gli esiti dei referendum visto che mantiene tutt’ora la remunerazione del capitale investito abrogata. Ancora più grave è che l’acqua venga staccata in un contesto generale dove la crisi economica che stiamo vivendo sta mettendo in ginocchio intere famiglie mentre continua a favorire banche e multinazionali.