Lottare per il diritto all’accesso all’acqua significa anche lottare per il diritto alla salute.
Mai questo è stato così chiaro come in questo momento, infatti l’igiene, il lavaggio frequente delle mani e la pulizia delle superfici sono indispensabili per prevenire il contagio del virus.
Allo stesso tempo si favorisce e sovvenziona la sanità privata, sopratutto per la diagnostica e piccole degenze. I problemi più grossi e più costosi come le terapie intensive restano al pubblico.
Con questo quadro si è affrontata e si continua ad affrontare alla cieca in Italia la pandemia del coronavirus.
Eppure in Italia era stato già approvato il Piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale https://www.epicentro.iss.it/focus/flu_aviaria/pdf/pianopandemico.pdf che aveva messo in evidenza la necessità di una precisa organizzazione tra livelli nazionale, regionale e territoriale “poiché tempistica e qualità degli interventi sarebbero risultati essenziali”, dicono le conclusioni di chi ha predisposto il piano (https://www.epicentro.iss.it/focus/flu_aviaria/modello).
Già nelle prime fasi, quando il virus è stato identificato ma non ha ancora causato infezioni nell’uomo, il piano prevede azioni di organizzazione e coordinamento tra autorità competenti , monitoraggio della diffusione e sorveglianza sanitaria, censimento delle strutture esistenti e la definizione del fabbisogno sanitario, sia per i dispositivi di protezione individuale (DPI) per il personale, sia delle macchine e attrezzature necessarie per fronteggiare l’eventuale emergenza.Nonostante il 31/12 le autorità cinesi avessero segnalato all’OMS l’esistenza di numerosi casi di polmonite da virus, il 7 gennaio viene identificato il virus ed il 9 viene documentato dall’OMS il primo decesso a causa del virus, l’Italia resta ferma a guardare senza fare niente.
Le prime ordinanze del ministero della salute con le indicazioni sulla gestione dei casi nelle strutture sanitarie, l’utilizzo dei DPI per il personale sanitario e le precauzioni standard di biosicurezza e il controllo sanitario dei passeggeri in arrivo in Italia dai paesi covid vengono emana te a fine gennaio. Misure molto lontane e molto in ritardo rispetto a i tempi previsti nel piano pandemico e che rimandano alle regioni il compito di organizzarsi per fronteggiare l’arrivo della pandemia. Ma i territori sono sprovvisti di personale preparato, di mezzi e attrezzature adeguate ad evitare il contagio degli stessi operatori sanitari, che infatti diventeranno i vettore del virus.
Solo a marzo sarà possibile fare sulla piattaforma CONSIP l’approvvigionamento di DPI e altra strumentazione necessaria. Troppo tardi!
Invece di adottare il Piano pandemico in tempo utile, attivando i servizi necessari, si decide di dichiarare lo stato di emergenza sanitaria e affidarne la gestione alla protezione civile, che gestirà i finanziamenti stanziati attraverso il f.do emergenze, come se fosse una calamità naturale imprevedibile.
L’Italia si è ritrovata schiacciata dalla pandemia e l’unico mezzo utilizzato per contenerla è stato l’isolamento delle persone con il blocco intero di tutte le attività, con conseguenze disastrose come aumento della disoccupazione, aumento della povertà e crollo di interi settori economici, tranne quelli che la Confindustria raccomanda al governo! E come succede sempre nelle emergenze alcuni settori invece incrementano i profitti anche a 3 cifre come le case farmaceutiche, la logistica, tutto il settore del digitale o la grande distribuzione organizzata.
Il finanziamento del cura-Italia e quelli che verranno per far ripartire l’economia hanno ingigantito ovviamente il debito pubblico che consegnerà l’Italia nelle mani del ricatto economico europeo e che sicuramente tornerà a gravare sulle spalle di cittadini e lavoratori in termini di riduzione dei servizi pubblici, riduzioni di stipendi.
Insomma è un cane che si morde la coda o la solita ricetta liberista per indebitare della popolazione di uno stato per poterla meglio ricattare dopo, tipo l’esempio greco ancora in atto?
Ora si ragiona sulla “fase 2”, ossia la ripresa delle attività economiche prima e, poi, l’uscita dall’isolamento, ma non ci può essere ripresa senza il potenziamento dei servizi pubblici.
E’ necessario che il sistema economico venga ripensato nell’ottica di tutela e di salvaguardia dell’umanità, partendo dall’ambiente, dal la tutela delle risorse idriche e dal potenziamento dei servizi sanitari per poter affrontare questo ed altri virus che verranno.