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10 anni, brutto compleanno referendum: Ancora Draghi!

11 e 12 giugno 2011:

Dopo una mobilitazione nazionale durata 11 anni, il movimento sull’Acqua Bene Comune, nato dal primo Social Forum Europeo a Firenze e cresciuto su tutto il territorio, ha portato 27 milioni di italiani a votare SI all’abrogazione del articolo 23 bis del D.L. 112/2008, che obbligava gli enti locali alla privatizzazione di tutti servizi pubblici, promosso dall’allora governo Berlusconi.

Cosa auspicata anche dal precedente governo Prodi, il quale già da quando presiedeva la Commissione Europea, nel 1999-2004, evidenziava che il 70% del PIL europeo era prodotto dalla spesa pubblica e che toccava trasferire una parte di questo PIL verso le aziende private.

L’impatto di questa gigantesca vittoriosa mobilitazione popolare (dove tutti i partiti sono stati lasciati al rango di meri sostenitori, perché coinvolti nella spartizione della torta dei servizi pubblici attraverso sistemi clientelari) doveva bloccare le politiche di privatizzazione dei servizi pubblici.

In questo contesto di terremoto politico-istituzionale si inserisce la lettera «segreta» LetteraDraghiTrichet5Ago2011 spedita il 5 agosto 2011 al governo italiano da Jean-Claude Trichet, allora presidente della BCE e da Mario Draghi governatore della Banca d’Italia, suo successore alla BCE dal 1°novembre 2011.

Le due istituzioni bancarie dettarono segretamente al governo il programma socio-politico-economico, esattamente opposto ai risultati referendari.

Il programma prevedeva, attraverso le riforme strutturali per rimanere nei parametri di Maastricht, la privatizzazione dei servizi pubblici e finanziamenti alle imprese private, l’affossamento della contrattazione salariale collettiva a favore di quella aziendale, la riforma delle norme sull’assunzione ed il licenziamento (che nel 2012 si trasformò nell’abolizione dell’art. 18), mobilità e flessibilità del mercato del lavoro.

Al fine della sostenibilità delle finanze pubbliche, inoltre dava indicazioni di accelerare i tempi per giungere al pareggio di bilancio, ovviamente attraverso i tagli di spesa, allungando l’età pensionabile ed equiparando l’età pensionabile delle donne del settore privato a quello pubblico “ottenendo dei risparmi già nel 2012”. Inoltre riduceva i costi del pubblico impiego bloccando il turnover e riducendo gli stipendi, tutto ciò da realizzare entro il settembre successivo.

Per concludere indicava di esercitare un controllo stretto dell’attività della pubblica amministrazione e sull’indebitamento, attraverso indicatori di performance e di abolire le Province.

Il governo “tecnico” Monti, con una maggioranza in parlamento del 96%, iniziò a realizzare il programma Draghi-Trichet, che dettò le linea di azione dei governi per i 10 anni successivi (Letta poi Renzi, poi Gentiloni per finire con Conte Uno e Due).

L’obiettivo di allora era bloccare le spese statali per non aumentare il debito pubblico già alle stelle e costosissimo in termini di interessi.

Quindi tagli alla sanità, alle università, alla ricerca pubblica e a tutto il sistema dell’insegnamento; riduzione delle spese nel settore della giustizia, tagli su tutti i servizi pubblici eccetto l’industria bellica, tanto che l’Italia è il secondo produttore mondiale nel settore delle armi leggere nonché dei sistemi di puntamento e tecnologia correlata.

10 anni dopo ci vogliono fare credere che il meccanismo si sia rovesciato ! Ma il dogma liberista è lo stesso e peggiorato!

Continued…

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Nuovi presidenti – vecchi problemi

Con lo stupore che per fortuna ancora non ci abbandona e che non cede alle abituali dichiarazioni di politici che cercano di sorprendere i lettori, abbiamo letto sui giornali le dichiarazioni del nuovo Presidente di UA spa, insediatosi da ottobre scorso, riguardanti l’entità degli investimenti che il gestore del servizio idrico più importante per l’Umbria (se non altro per il numero dei comuni serviti) dovrà eseguire nel periodo 2020-2023.

Con grande entusiasmo (che assolutamente non vogliamo scoraggiare), tipico di chi si appresta ad occuparsi per la prima volta di un settore specifico, annuncia investimenti per 22 milioni di euro nel periodo e (o di cui) 1.965.000 euro per la sostituzione di vecchie tubature nel centro storico e zone limitrofe. Inoltre viene annunciato il potenziamento delle reti acquedottistiche in alcune frazioni di Perugia (si sa che i numeri, specie se riferiti ai soldi, restano impressi nella mente delle persone).

Quindi, parlando di numeri, vorremmo ricordare al neo-Presidente che per il 2020-2023, il piano d’ambito della gestione del servizio idrico di Umbra Acque spa prevede la realizzazione di   95.492.010 euro (al netto dei contributi, quindi da finanziare con la tariffa), di cui 21.624.487 euro solo nel 2020. Riguardo il contenimento delle perdite è prevista la spesa di € 500.000 per ogni anno (cod. 7202) e la spesa di 4.500.000 € nel 2020, 4.650.000 € nel 2021, 5.500.000 € nel 2022 e 5.000.000 € nel 2023 (cod. 7203) tutti finanziati con le tariffe (altro che Recovery Plan).

Nello specifico i lavori di:

– San fortunato della Collina – Boneggio (7039) erano previsti nel PdI 2016-2019 per 150.000 euro finanziati con tariffa, ma realizzati solo per circa 50.000 euro.

– Fontignano: erano previsti lavori nel 2017-2018 per 150.000 (7043) finanziati con tariffa e ne sono stati realizzati solo per 26.461 euro;

– Rifacimento della linea Poggio delle Corti, San Martino dei Colli, Pietraia, Poggiolo (cod. 7216) è programmato dal 2020 al 2022 per 615.000 euro, anche questi finanziati con tariffa.

– Estensione della condotta idrica a San Marino è programmata nel 2020 e 2021 per 90.000 euro (cod. 311_NpdI) finanziata con tariffa.

– Estensione della rete idrica sul monte Tezio è prevista nel 2022-2023, per 30.000 euro (cod.38_NpdI), finanziata sempre con tariffa.

– Collegamento al depuratore della frazione di Piccione (cod. 7016), sono previsti per 120.000 euro, finanziati con tariffa nel 2020 – 2021 (erano previsti anche nel 2019 sempre finanziati con tariffa, ma non sono stati realizzati).

– Sistemazione del collettore fognario di via Torelli e via delle Sorgenti è prevista nel pdI 2020-2023 per 700.000 euro (cod. 7213), finanziata con tariffa.

– Sostituzione del collettore fognario di Santa Lucia (cod. 7250) è prevista nel pdI 2020-2023 per 485.000 euro, finanziata con tariffa.

– Diversi interventi che riguardano ponte Valleceppi finanziati con tariffa nel 2020-2023.

– Collettamento fognario di Ripa e Pianello (cod. 6138) era programmato nel PdI 2016-2018 per 1.200.000 euro, tutto finanziato con tariffa.

– Collegamento di Fontignano al depuratore di Tavernelle (cod. 7018) era previsto nel PdI 2018-2019 per 400.000 euro, tutto finanziato con tariffa, realizzato solo per circa 60.000 euro e riprogrammato di nuovo nella tariffa 2020-2021 per 410.000 euro.

– Collegamento tra San Martino in Colle e Santa Maria Rossa (cod. 7004), era stato programmato nel 2018-2019 per 1.000.000 euro, finanziato con tariffa, realizzato solo per 130.000 euro circa e riprogrammato di nuovo nel 2020-2021-2022 per oltre 1.300.000 euro con finanziamento tariffario.

– Adeguamento del sistema depurativo di ponte san Giovanni (cod. 7251) è già previsto nel programma tariffario 2020-2023 per circa 3.750.000 euro, ovviamente da finanziare con la tariffa.

– Collettamento della frazione di Ramazzano era previsto nel 2019 per 100.000 euro (cod. 7020), realizzato per 45.000 euro e riprogrammato nel 2020, 2021, 2022 per 335.000 euro, con finanziamento tariffario.

Questa è solo una parte dei lavori programmati pagati e ripagati con le tariffe, che ovviamente aumenteranno del 5,8% nel 2020, 10,5% nel 2021, 16,3% nel 2022 e 18,6% nel 2023 come da piano economico tariffario approvato.

Ora se si aspetta il Recovery Plan per sistemare il sistema idrico, come verranno impiegati i soldi dei cittadini pagati con le bollette sempre più care?

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Quotazione in Borsa dell’acqua: NO grazie

http://europeanwater.org/it/notizie/comunicato-stampa/1004-quotazione-in-borsa-dell-acqua-no-grazie

Il Movimento Europeo dell’Acqua (European Water Movement) si unisce alla denuncia del Relatore Speciale dell’ONU sul diritto all’acqua Pedro Arrojo-Agudo che l’11 dicembre scorso ha espresso grave preoccupazione alla notizia che l’acqua, come una qualsiasi altra merce, verrà scambiata nel mercato dei “futures” della Borsa di Wall Street.

L’inizio della quotazione dell’acqua segna un prima e un dopo per questo bene indispensabile per la vita sulla Terra.

Si tratta di un passaggio epocale che apre alla speculazione dei grandi capitali e alla emarginazione di territori, popolazioni, piccoli agricoltori e piccole imprese ed è una grave minaccia ai diritti umani fondamentali. 
L’acqua è già minacciata dall’incremento demografico, dal crescente consumo ed inquinamento dell’agricoltura su larga scala e della grande industria, dal surriscaldamento globale e dai relativi cambiamenti climatici.
 E’ una notizia scioccante per noi, criminale perché ucciderà soprattutto gli impoveriti nel mondo.

Secondo l’ONU già oggi un miliardo di persone non ha accesso all’acqua potabile e dai tre ai quattro miliardi ne dispongono in quantità insufficiente. Per questo già oggi ben otto milioni di esseri umani all’anno muoiono per malattie legate alla carenza di questo bene così prezioso.

Questa operazione speculativa renderà vana, nei fatti, la fondamentale risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU del 2010 sul diritto universale all’acqua e, in Europa, rappresenterà un ulteriore schiaffo per i quasi 2 milioni di cittadine/i europee/i che nel 2013 hanno sottoscritto la Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) Right2Water per l’uscita dell’acqua dal mercato e l’esclusione dal profitto su questo bene.

Se oggi l’acqua può essere quotata in Borsa è perché da tempo è stata considerata merce, sottoposta ad una logica di profitto e la sua gestione privatizzata. Per invertire una volta per tutte la rotta, per mettere in sicurezza la risorsa acqua e difendere i diritti fondamentali delle cittadine/i.

CHIEDIAMO alle Istituzioni della UE di:

  • prendere posizione ufficialmente contro la quotazione dell’acqua in borsa e di dichiarare l’acqua bene inalienabile non soggetto a mercificazione e scambio commerciale;
  • impedire l’accaparramento delle fonti attraverso l’approvazione di concessioni di derivazione che garantiscano il principio di solidarietà, la tutela degli equilibri degli ecosistemi idrici e la qualità e quantità dell’acqua destinata al consumo umano
  • fissare ufficialmente questi requisiti nella normativa UE sull’acqua, in particolare nella Direttiva Quadro sull’Acqua, unitamente al riferimento alla Risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU del 2010 e alla Risoluzione del Parlamento UE del 2015;
  • richiedere investimenti per la riduzione drastica delle perdite nelle reti idriche;
  • richiedere la salvaguardia del territorio attraverso investimenti contro il dissesto idrogeologico.

Riguardo ai diritti umani fondamentali, il Diritto Umano all’Acqua ed ai Servizi Idro-sanitari sancito dall’ONU deve essere incluso nella legislazione Europea (Risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU del 2010 e Risoluzione del Parlamento della UE del 2015).

Chiediamo agli Stati Membri ed alle istituzioni Europee di includere il principio del Diritto Umano all’Acqua nell’European Pillar of Social Rights Action Plan (Pilastro Europeo del Piano di Azione per i Diritti Sociali). A tale scopo necessitiamo di una proposta concreta.

Con diversi milioni di persone a cui è negato il diritto di accesso ai servizi essenziali, è spaventoso che la Commissione proponga soltanto per il 2023 un Primo Rapporto della UE sull’Accesso ai Servizi Essenziali. Questo fa sì che sia troppo tardi per definire concrete proposte legislative entro la presente legislatura e pertanto chiediamo di anticipare tutto ciò al 2022.

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Il grido di aiuto dei fiumi, soffocati e trasformati in canali di scolo

di

Belén García Martínez

Profesora Contratada Doctora, Área de Geografía Física, Dpto. Geografía Física y Análisis Geográfico Regional, Universidad de Sevilla

https://theconversation.com/el-grito-de-socorro-de-los-rios-asfixiados-y-convertidos-en-canales-de-desague-155785

Nella Giornata internazionale di azione per i fiumi, celebrata ogni 14 marzo, guardiamo questi sistemi naturali che sono stati, sono e saranno così importanti per lo sviluppo ambientale, sociale, culturale ed economico dell’umanità. È necessario mostrare quanto sia instabile il rapporto uomo-fiume oggi, in un contesto di cambiamento climatico in cui una forte antropizzazione li sta privando della loro identità, dinamismo e territorio. I fiumi sono sistemi naturali dinamici, complessi, estremamente sensibili a qualsiasi tipo di cambiamento, sia esso climatico, idrologico o antropico. Questi presuppongono una rottura dell’equilibrio tra il flusso e il carico trasportato. Qualsiasi azione intrapresa nel fiume o nel suo bacino si manifesterà sia nel canale che nella sua pianura alluvionale. Le principali attività umane che interessano i sistemi fluviali includono quanto segue:Cambiamenti nell’uso del suolo.Rimozione vegetazione argine fluviale.Lavori di difesa contro viali, dragaggi e condotte.L’estrazione di aggregati.Agricoltura e piantagioni di pioppi.Pascolo.La regolazione dei flussi.Inquinamento dell’acqua.L’astrazione-incorporazione dei flussi.Lo sfruttamento delle specie autoctone.L’introduzione di specie esotiche.La navigazione.

Le conseguenze per i fiumi

Per introdurre il lettore a questo argomento, vorrei sottolineare alcune delle implicazioni che alcune azioni comportano, come la costruzione abusiva di bacini artificiali, che ne alterano il regime naturale. Nei fiumi del bacino del Guadalquivir abbiamo registrato una generica riduzione del volume del flusso circolante attraverso il canale, un’inversione di regime o anche una maggiore irregolarità idrologica. Il numero di mesi in cui il fiume non ha praticamente flusso a causa della ritenzione del flusso nelle dighe è aumentato. Il suddetto fenomeno, insieme alla ritenzione di sedimenti nei serbatoi, porta al restringimento e all’incisione dei canali. Perdendo progressivamente la connessione con le loro pianure alluvionali. Questa tendenza al collasso è anche un grave problema per le opere infrastrutturali, come i ponti o le autostrade vicine, a causa del degrado.
Un esempio è il ponte Tomás de Ibarra sul fiume Rivera de Huelva, a Guillena (Siviglia). La forte incisione nel fiume che genera l’instabilità del ponte sarebbe associata all’irregolarità del regime, alla generazione di rapide onde di piena e all’effetto delle acque pulite.

Cambiamenti nella vegetazione

Il regime di scorrimento ed i suoi effetti sui canali fluviali garantisce la composizione e la distribuzione della sponda vegetativa, nonché della sua struttura e abbondanza. I cambiamenti descritti sarebbero responsabili della migrazione della vegetazione al fondo del mare per soddisfare il suo fabbisogno idrico e, in parte, della perdita della biodiversità naturale e dell’integrità di questi ecosistemi. Ma non è l’unica causa. Assistiamo ripetutamente all’intenso degrado di questi spazi. In molti casi le specie endemiche vengono sostituite da specie estranee, come l’eucalipto. In altri casi, scompaiono nella loro interezza per lasciare il posto alle piccole e medie aziende agricole. Queste azioni non solo prescindono da quanto stabilito dalla Legge sull’Acqua e dall’obbligo di tutela del Dominio Idraulico Pubblico, ma riducono anche il lavoro di laminazione delle onde di piena in pianura, la capacità di ritenzione dei sedimenti e la fissazione dei margini.

Il pericolo di inondazioni non può essere eliminato in una popolazione completamente stabilita nelle pianure alluvionali. È il paradosso della tecnologia contemporanea. Sebbene gli invasi possano evitare alluvioni periodiche di minore importanza (ordinarie), rappresentano un rischio aggiuntivo quando l’effetto laminazione è superato dalla persistenza del fenomeno, e le dighe devono scaricare l’acqua in caso di pericolo di guasto. Un effetto indesiderato ancora più pericoloso si origina in quelle pianure che sono state private dei loro boschi ripariali e gli elementi morfologici (canali abbandonati) con la capacità di evacuare e reindirizzare il flusso alluvionale sono stati smantellati o ostacolati. Un buon esempio si trova nel doppio meandro abbandonato della Cantillana. Scollegato dal Guadalquivir dopo il suo accorciamento e la costruzione della diga di Cantillana, continua a recuperare la sua funzionalità in alluvioni straordinarie e generando numerosi disastri in pianura.

Una società staccata dai fiumi Da società adattata all’ambiente, in cui i fiumi erano spazi di incontro, svago, spina dorsale della società e della cultura, siamo passati ad invadere lo spazio del fiume, con un unico obiettivo: valorizzare al meglio la risorsa senza tenere conto della qualità del sistema che lo genera. In questo processo, il fiume è stato spogliato della sua categoria di fiume, in molti casi per concedergli quella di canale di scolo e talvolta vincolarlo al semplice canale. Tuttavia questa società è la stessa che vive con le spalle ai fiumi e che continua a chiedere loro sicurezza. La denaturazione e lo scarso monitoraggio di queste aree di grande pregio naturalistico, talvolta con soddisfazione dell’Amministrazione, non aiuta l’implementazione della Direttiva Quadro Acque volta a prevenire il degrado, migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici e favorire l’uso sostenibile dell’acqua.




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Umbra acque si cura di te! E ti manda avvisi di messa in mora!

Il Covid per Umbra Acque spa sta rappresentando una bella occasione  di marketing gratuito, sulle spalle di tanti volontari ed operatori sanitari, che lavorano quotidianamente per contrastare la  pandemia.

Infatti nello  spazio concesso alla USL  per l’istallazione del drive-through per eseguire i tamponi della sorveglianza sanitaria COVID, sono stati esposti  tre grandi striscioni con la scritta “UMBRAACQUE SICURA DI TE” visibili lungo tutto il percorso alle persone che devono fare il tampone.

Sempre  in questi giorni  Umbra Acque spa,incurante dei disagi legati al periodo emergenziale,   sta inviando solleciti di pagamento con avvisi di messa in mora.

E’ grottesco ma è la verità.

Molti utenti tra cui  famiglie con bambini, anziani ultraottantenni, stanno ricevendo avvisi bonari con cui si richiedono pagamenti di importi sbagliati per fatture già pagate, con la minaccia di attivare le procedure di morosità previste, come riduzione di flusso, distacchi etc etc. dopo 40 giorni.

Oltretutto per chi volesse far valere le proprie ragioni, nel sollecito “bonario” non sono presenti contatti per inviare risposte o richieste di chiarimenti, ma solo tutte le modalità per pagare.

Anche sul sito di Umbra Acque spa sono spariti i contatti (mail, telefono e fax) per interloquire con l’ufficio clienti, il numero verde è praticamente irraggiungibile come l’unico contatto telefonico.

Insomma paga e basta altrimenti rischi il distacco dell’acqua!

Questa è l’efficienza della gestione di Umbra Acque spa, che i comuni dell”AURI  hanno prorogato dal 04/02/2028 al 31/12/2031 senza tenere conto se questo gestore abbia rispettato gli impegni previsti dalla convenzione in termini di investimenti e pagamento dei canoni.

In questo modo le scadenze delle convenzioni saranno allineate a quelle degli altri gestori umbri e le multinazionali ACEA spa e SUEZ potranno accaparrarsi l’intero territorio regionale, compresi i comuni dell’area di Foligno oggi gestiti in house.

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Il comune di Terni all’avanguardia sul processo di privatizzazione dell’acqua!

Il comune  di Terni infatti, ha venduto ad Umbriadue Scarl, del gruppo ACEA, la quota della Società Consortile S.I.I. (Servizio Idrico Integrato) posseduta da ASM, l’azienda municipale ternana che gestisce i servizi pubblici locali (illuminazione, rifiuti, acqua ma anche energia elettrica).

La vendita di questa quota pubblica va incontro ad uno specifico obiettivo di crescita del patrimonio ed incremento del valore azionario di ACEA spa, ricordiamo partecipata da SUEZ, sul settore idrico, oggi di importanza strategica per i profitti di multinazionali e finanziarie, grazie ai programmi di investimenti pubblici ed alle entrate derivanti dalle tariffe sempre più alte che i cittadini sono costretti a pagare per un bene essenziale alla vita.

Nel mentre favorisce gli interessi del socio privato, la vendita in questione, liquida di fatto una parte del suo patrimonio pubblico comunale per circa 6 milioni di euro,  con l’apparente guadagno di non versare alla S.I.I. circa la stessa somma (comune e ASM) a titolo di “contributi generici”, come previsto dall’art. 8 dello stauto del S.I.I.

Infatti, in cambio la S.I.I. ha modificato lo statuto, eliminando l’art. 8 in base al quale recentemente aveva chiesto ai soci 16 milioni di euro a titolo di contributi generici, per “errori di pianificazione risalenti al 2006-2010, anche se la S.I.I. non corre rischi di fallimento visto che ha chiuso il bilancio 2019 con un utile di € 3.000.000 ed il bilancio 2018 con un utile di 2.500.000.

E’ stato eliminato anche l’art. 10 dello statuto che riguarda la responsabilità solidale dei soci.

Entrambi probabilmente rappresentano l’ultimo baluardo di una gestione del servizio concepita pubblica, da un consorzio di comuni che volevano condividere spese e problematiche, e che oggi si rivela un utile strumento nelle mani del socio privato ACEA per indebitare i comuni stessi, che al contrario sono creditori per i canoni di concessione delle reti.

 

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12 E 13 GIUGNO 2011: VINCONO I SI AL REFERENDUM! SONO PASSATI 9 ANNI O 9 SECOLI?

 

12 E 13 GIUGNO 2011 Ventisette milioni di italiani abrogano con il referendum l’articolo 23 bis del decreto legge n. 112 del 2008 che obbligava alla privatizzazione dei servizi pubblici, tra cui anche la gestione dell’acqua.

Un atto di democrazia diretta che viene affossato subito dopo dal governo tecnico del Prof. Monti, tramite l’affidamento della regolamentazione del SII (Servizio Idrico Integrato) all’ARERA (Autorità di regolazione di mercato) che adotta un sistema tariffario tale da rendere strutturali i margini di convenienza o comunque di tutela per il gestore privato e facendo fare così un grosso balzo in avanti alle politiche neoliberiste in Italia, contro la volontà popolare.

A giugno 2020, grazie all’emergenza COVID-19, lo stato di diritto viene abolito del tutto.

I più semplici diritti costituzionali sono affossati: l’istruzione, la giustizia, la salute (tranne le terapie intensive per il COVID-19), blocco della libera circolazione delle persone, dell’economia e, naturalmente, crollo del diritto al lavoro.

Dopo il blocco inizia la fase 2, che riguarda soprattutto le misure per la riapertura delle attività economiche e commerciali, decise dopo lunghe trattative con Confindustria, mentre l’attuazione del piano pandemico rimane sulla carta, così come l’esercizio dei diritti costituzionali, compresa la libera circolazione delle persone che arriverà solo a giugno per il territorio nazionale.

Tutto ciò è condito dal sistema informativo/comunicativo social e mainstream che per tutto il periodo è impegnato a diffondere dati statistici su contagiati, morti e tamponi, oltre che notizie sull’eventuale andamento e pericolosità del virus, che contribuiscono a creare tanta incertezza e paura in modo da annientare ogni consapevolezza tra le persone.

La Democrazia è moribonda e l’unica cura che riceve si chiama neoliberismo.

Un neoliberismo che sembra ancora più forte di prima e che, invece di essere l’imputato principale della crisi sociale ed economica in corso, detta la linea ai governi nazionali ed alle istituzioni europee.

DOPO 9 ANNI CHE SEMBRANO 9 SECOLI il documento di Water Europe (WE) infatti rilancia un progetto complessivo politico-economico, proprio a partire dall’acqua.

L’associazione che raccoglie più di 200 membri, tra cui fornitori e gestori di servizi idrici che dettano la linea (Veolia, Suez, Acciona, Canal de Isabel II, AEAS, Severn Trent, Utilitalia, Coca Cola e altre) e rappresentanti della società civile, autorità pubbliche e universitarie che fanno da supporto, ha pubblicato un documento dal titolo “Il valore dell’acqua: verso una società europea intelligente per l’acqua a prova di futuro (Water Smart Society)“, dove per valore non si intende di certo quello inestimabile di un bene essenziale alla vita, da preservare per le generazioni future, ma quello economico.

Vengono previsti investimenti nel settore idrico pari all’1,5% del PIL globale (l’OCSE evidenzia che entro il 2030 saranno necessari circa 253 miliardi di euro in investimenti nel settore idrico della sola Europa) e per ogni euro investito è stimato un rendimento di circa 4 €.

Quindi grandi risorse finanziarie da investire e grandi profitti da realizzare!

La definitiva acquisizione dell’acqua come fonte di profitto, oltre a definirne il valore economico e la redditività, ne fa il cardine di un progetto politico complessivo, “l’impronta dell’acqua” che con una falsa attenzione alla sostenibilità ambientale mira al controllo dei consumi nelle sue varie forme (uso civico o produttivo) ed al controllo dei bacini idrografici. Tutto sempre orientato a non comprometterne il rendimento in termini di profitti, anzi ampliando la sfera della redditività degli investimenti nel settore idrico.

Il progetto comprende anche “Acqua digitale”, la digitalizzazione dei processi di gestione del servizio finalizzata alla facilitazione delle transazioni finanziarie e commerciali, ma anche, e da non sottovalutare, alla produzione di grandi quantità di dati degli utenti (big data) utili per i sistemi di governance e processi decisionali innovativi.

Con grande benevolenza sociale, prevede inoltre di incoraggiare l’inclusione e la partecipazione dei cittadini alla gestione del servizio idrico, non per deciderne le politiche sul territorio, ma solo per seguire le finalità delle Water Smart Society ed ottenere quindi una pacificazione sociale “compatibile” e “profittevole”.

Un esempio che va nella direzione descritta ce l’abbiamo già sotto gli occhi, il cosiddetto Piano Colao per la rinascita dell’Italia che ai punti 33 e 34 propone per il settore idrico una revisione/semplificazione della normativa in materia di opere pubbliche e di valutazione di impatto ambientale per tutte gli investimenti infrastrutturali; una revisione del sistema tariffario finalizzato ad aumentare l’attrattività degli investimenti privati nel settore idrico (che tradotto significa aumento delle tariffe); una revisione del sistema di governo del settore per stimolare le grandi aggregazioni di imprese e i partenariati pubblico-privati, estesi anche al settore delle multiutility e dell’energia. Nel complesso un insieme articolato di proposte finalizzate a rendere definitivo il processo di privatizzazione e finanziarizzazione del settore idrico.

DOPO 9 ANNI CHE SEMBRANO 9 SECOLI, dopo un referendum tradito, dopo la riduzione delle Autorità d’Ambito e dei Comuni a semplici passacarte dei gestori privati, oggi l’acqua è al centro di un attacco che oltre ad assumerla definitivamente come bene economico strumento di profitto, la rende oggetto di un ingente investimento di risorse fuori dal controllo pubblico e dal perseguimento di finalità sociali, totalmente nelle mani delle grandi imprese del settore delle multiutility che governeranno direttamente la risorsa, la controlleranno lungo tutto il processo, dalle sorgenti all’erogazione, dalla depurazione all’impatto ambientale, assumendone anche la funzione di controllori ambientali, produttivi e dei bisogni.

L’ideologia della compatibilità economica che impera sul sistema politico ha distrutto i diritti sociali ed il primato del profitto ha rapinato le risorse ambientali.

DOPO 9 ANNI CHE SEMBRANO 9 SECOLI l’acqua deve rimanere a maggior ragione il simbolo della battaglia per la difesa delle risorse naturali e per il diritto alla vita, contro la sua riduzione a merce, il campo su cui costruire dal basso la resistenza e la rivendicazione libera e democratica dei diritti primari, dalla salute all’istruzione, dal reddito ai servizi, così come dei diritti civili, come stanno già dimostrando le lotte in tante parti del mondo, dal Cile al Sudan, dagli USA ad Hong-Kong, alla Francia.

DOPO 9 ANNI CHE SEMBRANO 9 SECOLI: RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE!

Comitato Umbro Acqua Pubblica

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Acqua e salute, due temi che vanno di pari passo.

Lottare per il diritto all’accesso all’acqua significa anche lottare per il diritto alla salute.

Mai questo è stato così chiaro come in questo momento, infatti l’igiene, il lavaggio frequente delle mani e la pulizia delle superfici sono indispensabili per prevenire il contagio del virus.

 
Oltre 27000 morti ad oggi, 150 medici, 34 infermieri e 10 farmacisti deceduti per aver svolto il loro lavoro senza adeguati mezzi di protezione individuale , blocco di tutte le attività non essenziali per circa 2 mesi, persone chiuse in casa, divieto di assembramenti e riunioni…..
 
Molti hanno paragonato questa situazione a quella di una guerra. Per il 25 aprile medici, infermieri e il personale sanitario sono stati rappresentati come i nuovi eroi di questa “pandemia” che, sembra, ci sia capitata addosso in maniera del tutto inaspettata.
 
In realtà questi eroi , sono stati carne da macello sacrificati sull’altare del neoliberismo!
 
Infatti oggi ci troviamo a subire le conseguenze di anni di politiche finalizzate a smantellare quei diritti riconosciuti dalla Costituzione, che lavoratori e cittadini si sono conquistati, anche a costo della vita e che nel corso degli anni, partiti politici, sindacati e associazioni, hanno contribuito per ricondurli ad una mera formalità.
 
Dopo la Costituzione del ’48, la Legge 833 del 23 dicembre 1978 ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con il quale si garantiva l’universalità, l’uguaglianza e l’equità di un diritto umano fondamentale per tutte/i.
 
Con le riforme degli anni ’90 si delega la salute pubblica alla competenza delle regioni e si introduce l’aziendalizzazione, trasformando le USL in Aziende e gestendo la sanità come fosse una “fabbrica” con budget e utili, strozzata da esigenze di bilanci sempre più ristretti e accompagnati da tagli ai finanziamento.
 
Le scelte politiche dell’efficienza efficacia ed economicità impongono la riduzione dei servizi territoriali, più costosi ma necessari per svolgere l’assistenza sanitaria sul territorio in modo da non aggravare l’attività ospedaliera. Invece si lavora al risparmio, di strutture sanitarie, di attrezzature, di formazione e sopratutto di personale.
 

Allo stesso tempo si favorisce e sovvenziona la sanità privata, sopratutto per la diagnostica e piccole degenze. I problemi più grossi e più costosi come le terapie intensive restano al pubblico.

Con questo quadro si è affrontata e si continua ad affrontare alla cieca in Italia la pandemia del coronavirus.

Eppure in Italia era stato già approvato il Piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale https://www.epicentro.iss.it/focus/flu_aviaria/pdf/pianopandemico.pdf che aveva messo in evidenza la necessità di una precisa organizzazione tra livelli nazionale, regionale e territoriale “poiché tempistica e qualità degli interventi sarebbero risultati essenziali”, dicono le conclusioni di chi ha predisposto il piano (https://www.epicentro.iss.it/focus/flu_aviaria/modello).

 
Il piano sulla pandemia prevede 6 fasi in base al grado di diffusione del virus.
Già nelle prime fasi, quando il virus è stato identificato ma non ha ancora causato infezioni nell’uomo, il piano prevede azioni di organizzazione e coordinamento tra autorità competenti , monitoraggio della diffusione e sorveglianza sanitaria, censimento delle strutture esistenti e la definizione del fabbisogno sanitario, sia per i dispositivi di protezione individuale (DPI) per il personale, sia delle macchine e attrezzature necessarie per fronteggiare l’eventuale emergenza.Nonostante il 31/12 le autorità cinesi avessero segnalato all’OMS l’esistenza di numerosi casi di polmonite da virus, il 7 gennaio viene identificato il virus ed il 9 viene documentato dall’OMS il primo decesso a causa del virus, l’Italia resta ferma a guardare senza fare niente.

Le prime ordinanze del ministero della salute con le indicazioni sulla gestione dei casi nelle strutture sanitarie, l’utilizzo dei DPI per il personale sanitario e le precauzioni standard di biosicurezza e il controllo sanitario dei passeggeri in arrivo in Italia dai paesi covid vengono emana te a fine gennaio. Misure molto lontane e molto in ritardo rispetto a i tempi previsti nel piano pandemico e che rimandano alle regioni il compito di organizzarsi per fronteggiare l’arrivo della pandemia. Ma i territori sono sprovvisti di personale preparato, di mezzi e attrezzature adeguate ad evitare il contagio degli stessi operatori sanitari, che infatti diventeranno i vettore del virus.

Solo a marzo sarà possibile fare sulla piattaforma CONSIP l’approvvigionamento di DPI e altra strumentazione necessaria. Troppo tardi!

Invece di adottare il Piano pandemico in tempo utile, attivando i servizi necessari, si decide di dichiarare lo stato di emergenza sanitaria e affidarne la gestione alla protezione civile, che gestirà i finanziamenti stanziati attraverso il f.do emergenze, come se fosse una calamità naturale imprevedibile.

L’Italia si è ritrovata schiacciata dalla pandemia e l’unico mezzo utilizzato per contenerla è stato l’isolamento delle persone con il blocco intero di tutte le attività, con conseguenze disastrose come aumento della disoccupazione, aumento della povertà e crollo di interi settori economici, tranne quelli che la Confindustria raccomanda al governo! E come succede sempre nelle emergenze alcuni settori invece incrementano i profitti anche a 3 cifre come le case farmaceutiche, la logistica, tutto il settore del digitale o la grande distribuzione organizzata.

 
Con il blocco delle attività si ha anche il blocco dell’attività sanitaria; mentre gli ospedali covid sono allo stremo, negli altri ospedali, nei distretti e poliambulatori, invece di organizzare le misure di prevenzione (pre-triage, ingressi separati, etc. etc.) si blocca l’attività sanitaria per paura del contagio!
 
Paradossalmente il presidio sanitario che dovrebbe essere il luogo più sicuro, è diventato il luogo principale di diffusione del virus, per mancanza di organizzazione e preparazione.
 
Sono state sospese tutte le visite specialistiche, si lavora a malapena sulle urgenze. Per quasi due mesi, per tutte le malattie non covid non c’è cura.
 
Anche le case per anziani vengono coinvolte in questa assurda giostra di pressappochismo e menefreghismo, che provoca un’ecatombe sui soggetti a rischio.
 
Quando ormai la pandemia è al picco della sua diffusione vengono stanziati altri fondi a favore della protezione civile per fronteggiare l’emergenza (aumento fondo emergenze, assunzione veloce per medici, aumento dei posti letto di terapia intensiva, finanziamento dell’ISS ), con il rischio di creare strutture che in futuro serviranno a poco.
 
Vengono adottare nuove misure (insufficienti) di sostegno per imprese e famiglie.
Il finanziamento del cura-Italia e quelli che verranno per far ripartire l’economia hanno ingigantito ovviamente il debito pubblico che consegnerà l’Italia nelle mani del ricatto economico europeo e che sicuramente tornerà a gravare sulle spalle di cittadini e lavoratori in termini di riduzione dei servizi pubblici, riduzioni di stipendi.
 

Insomma è un cane che si morde la coda o la solita ricetta liberista per indebitare della popolazione di uno stato per poterla meglio ricattare dopo, tipo l’esempio greco ancora in atto?

Ora si ragiona sulla “fase 2”, ossia la ripresa delle attività economiche prima e, poi, l’uscita dall’isolamento, ma non ci può essere ripresa senza il potenziamento dei servizi pubblici.

E’ necessario che il sistema economico venga ripensato nell’ottica di tutela e di salvaguardia dell’umanità, partendo dall’ambiente, dal la tutela delle risorse idriche e dal potenziamento dei servizi sanitari per poter affrontare questo ed altri virus che verranno.

 
E’ necessario ripensare il sistema sanitario non su b asi economiche ma nell’interesse della salute, potenziando i servizi di prevenzione e sorveglianza sui territorio, attraverso la collaborazione tra medici di base e pediatri, ospedalieri, assistenti sanitari e infermieri delle ASL, in modo da segnalare la presenza delle malattie, avviare le attività di identificazione dei fattori di rischio, le fonti dell’infezione, ricercare i contatti, organizzare interventi o azioni per prevenire ulteriori casi di malattia legati al rischio espositivo, valutare le strategie esistenti o implementarne di nuove al fine di prevenire ulteriori episodi e sopratutto curare i malati prima che le loro condizioni si aggravino.
 
T ornare quindi a un vero servizio pubblico, senza logiche di mercato, che abbia come obiettivo solo la tutela del la salute di tutti, esattamente come va ripensata la gestione del servizio idrico, che deve essere totalmente pubblica e partecipata da cittadini e utenti.

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Audizione del Comitato Umbro Acqua Pubblica in Commissione Consiliare a Perugia

Mercoledì 19 febbraio il Comitato Umbro Acqua Pubblica è stato ascoltato dalle Commissioni Consiliari Permanenti II e IV in seduta congiunta del Comune di Perugia in seguito all’Odg presentato da Consiglieri di minoranza con il quale si chiede, tra le altre cose, di impegnare il Sindaco e la Giunta a “riconsiderare la possibilità di rendere pubblico il idrico, dando piena attuazione alla volontà popolare espressa nel referendum del 2011….” ed a “promuovere la costituzione di un forum sull’acqua con la partecipazione delle associazioni, dei Sindacati e del Comitato Umbro Acqua pubblica”.

Nessun dubbio sulla gestione del servizio idrico integrato da parte del Comitato che, viene ribadito, deve essere pubblica e partecipata dai cittadini, secondo un nuovo modello che si sta diffondendo in Europa e nel mondo.

Mentre Umbra Acque spa festeggia il record di oltre 4 milioni di euro di utili conseguito nel 2018 ed il Gruppo ACEA spa festeggia l’aumento delle proprie quotazioni in borsa, il Comitato ha ricordato che di ciò si deve solo ringraziare i cittadini: sono questi ultimi infatti che finanziano totalmente il Servizio idrico tramite il pagamento delle bollette e delle tasse.

Le risorse dei cittadini sono infatti lunica fonte di finanziamento delle opere, mentre la componente privata di Umbra Acque SPA (ACEA partecipata dalla multinazionale SUEZ) dopo il versamento della quota di capitale non ha mai aggiunto altre risorse e si limita a stabilire la “strategia aziendale” per migliorare i profitti, aumentando le tariffe.

Il pagamento di 5 centesimi di € al litro dell’acqua prelevate nelle sempre più diffuse “casette dell’acqua”, sempre a detta del presidente di U.A. spa, è simbolico e rappresenta un segno di rispetto della risorsa. Noi pensiamo invece che il rispetto della risorsa si dimostra prendendosi cura delle reti, evitando le perdite, attuando politiche di conservazione delle sorgenti e dell’ambiente, mentre in questo caso gli investimenti non vengono completati e le perdite delle reti arrivano a superare il 50%. D’altra parte come dice il Presidente di U.A. spa “se ci sono voluti 15 anni per arrivare a questo punto, non si può certo recuperare in un solo anno, bisognerà aspettare i tempi necessari” dimenticando che negli scorsi 15 anni l’Amministratore Delegato di Umbra Acque spa è stato sempre un incaricato di ACEA spa.

Quindi siamo sicuri che da qui al 2027, anno di scadenza della convenzione, Umbra acque spa con la sua componente privata riuscirà a migliorare le condizioni del servizio? Oppure no, come crediamo noi.

Mentre Umbra Acque spa sta già lavorando per ottenere una proroga della gestione al 2031, anno in cui si riallineano le scadenze contrattuali degli altri gestori, per convogliare le aziende in un unico gestore regionale, sarà bene che i Comuni Umbri comincino a progettare una nuova gestione partecipata dai cittadini che garantisca il diritto all’accesso all’acqua per tutti e la salvaguardia delle risorse per le generazioni future.

Ordine Del Giorno Comune di Perugia

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6 gennaio 2020 – MAIN BASSE SUR L’EAU (LE MANI SULL’ACQUA) – Il Film

 

lunedì 6 gennaio, in via del lavoro 29 a Perugia

– ore 12 con pranzo condiviso (ognuno porterà qualcosa).

– ore 15 tradizionale “RIFFA DELLA BEFANA” con in palio gli oggetti che avete per casa di cui non avete mai avuto il coraggio di disfarvi

– ore 17,00 proiezione in anteprima nazionale del film

 

MAIN BASSE SUR L’EAU (LE MANI SULL’ACQUA)”

un film di Jerome Fritel – Francia 2018

sottotitolato in italiano a cura del comitato umbro acqua pubblica.

Le più grandi risorse d’acqua al mondo sono divenute preda dei mercati finanziari e diventeranno il prossimo casinò mondiale.

Il riscaldamento climatico, l’inquinamento, la pressione demografica, l’agricoltura intensiva, fanno dell’ “oro blu” la risorsa più richiesta del pianeta nel XXI° secolo.

Oggi le banche e i fondi d’investimento, attratti dal valore al rialzo degli investimenti nei servizi idrici e collegati ad essi, sono sempre più impegnati a creare mercati e a speculare sull’acqua, sorgente di profitti sicuri e consistenti, stranamente con l’appoggio di ONG ecologiste.

I banchieri con risate ciniche sognano di mettere un prezzo alla vita stessa, malgrado il riconoscimento del diritto universale all’accesso all’acqua per tutti da parte dell’ONU.

In Australia, il continente più caldo della terra, l’acqua è quotata in borsa e attira banchieri e ricchi investitori dal mondo intero, costringendo i contadini al fallimento.

Il tema è molto attuale anche nei nostri territori, dove i privati piano piano si stanno accaparrando le quote di proprietà dei comuni per estrometterli completamente dal controllo sulla gestione ed avere campo libero sulle bollette degli utenti.

Vi aspettiamo!

Comitato Umbro Acqua Pubblica

3381912990 – 333782643

STAMPATO IN PROPRIO VIA DEL LAVORO 29 – PERUGIA

 

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