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LE NUOVE TARIFFE DELL’ACQUA

Con un comunicato stampa l’AURI (Autorità Umbra Rifiuti e Idrico), costituita dall’assemblea dei comuni che organizza e controlla la gestione del servizio idrico in Umbria, ha cercato di tranquillizzare i cittadini riguardo gli aumenti tariffari 2022-2023 deliberati a ottobre scorso: 5% nel 2022 e 7% 2023. In realtà, come per il principio della rana bollita di Chomsky, è più tranquillizzante parlare di un aumento del 5/7% in un anno piuttosto che “far scappare la rana” con un secco cocente aumento del 24,6 % nel periodo tariffario di 4 anni! (Del C.D 54 del 17/10/2022)

Salta subito agli occhi la natura dei costi che gli utenti di Umbra acque spa coprono con le loro tariffe. Vediamoli di seguito:

1) Investimenti lavori

In primo luogo i cosiddetti costi di capitale investito cosidetti “capex” (rappresentati dagli oneri finanziari e fiscali, calcolati sulla base di tassi di rendimento, tassi di rischio, inflazione attesa e applicati al Capitale investito netto) in sostituzione del famoso 7% fisso, abrogato con i referendum del 2011 e successivamente reintrodotto, appunto, sotto tale forma (vedi scheda di approfondimento1).

Riguardo il capitale investito, inoltre, anche per il 2022-2023 non si può fare a meno di constatare lo scostamento tra i lavori programmati nella precedente delibera, che risale a soli due anni prima, e  quelli realizzati

Come negli anni precedenti, i costi degli investimenti che gravano sulla tariffa sono sempre elaborati sulla base della   programmazione  e non della effettiva realizzazione dei lavori.

Per esempio i costi del 2022 dovrebbero essere rapportati a quelli effettivi del 2020, ma la relazione stessa  (2.3.1 pag. 17) precisa che sono ancora in corso i controlli di conformità sui lavori da parte della struttura tecnica dell’AURI.

Confrontando i dati inoltre, contrariamente a quanto dichiarato, risulta che il gestore ha realizzato una percentuale dei lavori ben al di sotto del 50% nel 2020 e intorno al 70% nel 2021, nonostante abbia ricevuto maggiori contributi pubblici di quelli previsti (scheda di approfondimento). Mentre gli utenti nella tariffa pagano i costi relativi al 100% dei lavori programmati.

E allora le risorse non spese dove vanno a finire?

2) Fondo nuovi investimenti

Tra le componenti di costo che gli utenti coprono con la tariffa c’è la famigerata componente FONI (Fondo Nuovi Investimenti): 4,2 Milioni nel 2022 e 6,6 milioni nel 2023. Questo fondo, una sorta di contributo a fondo perduto a carico degli utenti, non è vincolato a lavori specifici e programmati ne restituito se inutilizzato come prevede la norma ARERA (pag. 25, l. b) in riferimento al 2012 (4 milioni!)

Tra le novità dei costi di questo ultimo periodo tariffario ci sono:

1) OP mis – costi per l’erogazione di incentivi ai condomini finalizzati all’affidamento della gestione dei contratti dei singoli condòmini, servizio peraltro già svolto dagli stessi amministratori.

2) i costi ambientali relativi ad interventi di potenziamento della depurazione e potabilizzazione: saranno effettivamente realizzati? Oppure servono solamente a giustificare aumenti tariffari?

3) i costi per gli utenti morosi, oltre il 5%, superiore alla media nazionale del 3%: siamo sicuri che questa percentuale sia un dato effettivo e non invece dovuta ad una inefficiente gestione amministrativa del nuovo programma Acea 2.0 (anche questo a carico degli utenti!), con cui la partecipata privata di Umbra Acque spa ha voluto uniformare la gestione commerciale dei contratti delle utenze dei vari gestori dell’Italia centrale.

Non per niente al comitato arrivano tante segnalazioni dagli utenti che non ricevono bollette da tanto tempo oppure con interessi di mora ingiustificati.

4) aumenti di costi di energia elettrica: introdotto in tariffa il nuovo indice per la copertura di tali aumenti causati, secondo i dati del gestore, da inflazione e da contingenze internazionali, ma non si tiene conto della maggiore potenza di energia necessaria a pompare acqua su linee colabrodo e quanto si risparmierebbe  se le reti non perdessero circa il 50% dell’acqua immessa.

A tal proposito vogliamo ricordare che ARERA  (Autorità nazionale di regolazione energia reti e ambiente) stando ovviamente dalla parte del mercato e non dei cittadini, ha permesso ai gestori  di togliere dal conteggio della lunghezza delle  reti idriche le derivazioni d’utenza (del arera 639/21 pag. 15), mentre prima si arrivava ai contatori. Quindi la tanto declamata  riduzione delle perdite di rete, forse, deriva solo da uno sterile calcolo matematico.

Di recente Umbra Acque spa ha affermato che la società ha avviato un percorso di trasformazione in società benefit, con l’obiettivo di riduzione delle perdite.

Ma i dati sopra detti dimostrano come questo modello di gestione è rivolto essenzialmente ad ottenere i massimi profitti e aumenti delle quotazioni azionarie di ACEA (e alla partecipata SUEZ),  tariffe sempre più care e contributi pubblici, mentre il servizio idrico peggiora di anno in anno.

Contrariamente ad ogni ideologia di virtù imprenditoriale del privato, questo modello conferma ancora una volta che la gestione del servizio idrico, a costo zero per le società private ma completamente a carico di cittadini (bollette o tasse) è indifferente allo spreco della risorsa, diritto umano fondamentale,   che invece dovrebbe essere conservata per il futuro del pianeta.

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Azione Popolare del Comitato Umbro Acqua Pubblica: con la gestione privata i conti non tornano.

Da tempo è dimostrato che profitti e servizi pubblici non possono andare d’accordo e che le gestioni private massimizzano i profitti lasciando debiti e inefficienze al pubblico.

E’ il caso del servizio idrico che dopo quasi 20 anni di gestione privata ha prodotto utili e consolidato il patrimonio dei gestori grazie ai finanziamenti pubblici ed all’applicazione di tariffe salatissime.

Mentre i cittadini risparmiano sui consumi dell’acqua perché sensibili alla tutela della risorsa, oltre che alla bolletta, i politici, da una parte procurano allarme sulla crisi idrica (siccità e razionalizzazione dell’acqua) e dall’altra avallano sprechi e consumi, come ad esempio la perdita del 50% dell’acqua immessa nelle reti causata dalla mancata realizzazione, da parte dei gestori, degli investimenti programmati.

Il nocciolo della questione è che la gestione privata dei servizi pubblici essenziali (sanità, trasporti, scuola…) nel nostro caso il servizio idrico, può solo provocare elevati costi di gestione, sperpero della risorsa, impoverimento delle strutture, precarizzazione del lavoro, perdita delle competenze professionali.

Tutto questo è stato messo in evidenza dal Comitato Umbro Acqua Pubblica che ha citato Umbra Acque spa, con un’azione popolare presso il Tribunale di Perugia, vista l’inerzia degli Enti d’Ambito e dei Comuni che li compongono, che invece di sollecitare Umbra Acque spa al rispetto della convenzione, applicando anche le penali previste, hanno continuato in tutti questi anni a sottoscrivere tutto quello che veniva dal gestore senza entrare nel merito di alcun controllo.

Le inadempienze contestate nel periodo di affidamento sono:

-la mancata realizzazione degli investimenti programmati nel corso degli anni, alcuni dei quali riproposti di anno in anno ai fini dei piani tariffari;

.- l’aumento dei costi di gestione e degli investimenti non programmati come conseguenza diretta del mancato rispetto della programmazione;

– i debiti nei confronti dei comuni, in parte rimborsati con piani di rientro e compensazioni di bollette esose a carico degli enti;

– le tariffe elevate calcolate solo sulla base della programmazione e mai riviste a consuntivo degli investimenti non realizzati.

A distanza di 11 anni da un referendum che ha detto NO a questo modello economico e che ad oggi continua ad essere ignorato, un parlamento già scaduto si affretta ad approvare il DDL “concorrenza” rilanciando le privatizzazioni sui servizi pubblici essenziali.

Con l’Azione Popolare ci riprendiamo il diritto di contrastare scelte politiche scellerate che stanno portando il paese verso un degrado ambientale e sociale ormai sotto gli occhi di tutti e riportare al centro dell’attenzione principi universali di solidarietà, partecipazione e uguaglianza tra cittadini attraverso l’accesso per tutti ai servizi pubblici essenziali.

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Il Comitato Umbro Acqua Pubblica promuove ricorso contro Umbra Acque spa per chiedere in Tribunale la risoluzione anticipata della convenzione di gestione per inadempienza del gestore.

Era il 12 e 13 giugno del 2011 quando 26 milioni di italiani (quorum di partecipazione al voto che non si vedeva da anni) votarono per l’abrogazione dell’art. 23Bis del decreto Ronchi che spingeva alla privatizzazione del servizio idrico e dei servizi pubblici di rilevanza economica e per l’annullamento della componente tariffaria del profitto garantito (7%) nelle tariffe del servizio idrico (art. 154, c. 1 del D.Lgs 152/2006).

La volontà popolare era chiara: l’acqua è un diritto umano fondamentale e monopolio naturale quindi non può essere gestita con il sistema privatistico che ha come scopo il profitto. Al contrario la gestione deve essere pubblica e partecipata dai cittadini in modo da garantire a tutti la distribuzione e la conservazione della risorsa per le generazioni future e la tutela dell’ambiente.

Questa è la storia. Ma già prima del referendum, con l’attribuzione delle funzioni di controllo del servizio idrico all’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza sulle risorse idriche (D.L. 13 maggio 2011 n. 70) e poi con il D.L. 201/6-12-2011 del Governo Monti, la regolazione del servizio idrico fu affidata all’AEEG-SI oggi ARERA, per una gestione in regime di libera concorrenza, con tanto di profitti (rinominati oneri) tra le componenti tariffarie.

La privatizzazione era salva in nome dell’efficienza e del profitto, in Umbria sicuramente a favore della SUEZ (all’interno di ACEA, all’interno di Umbra Acque e del SII di Terni) ma non a favore dei cittadini.

Infatti mentre gli utenti hanno pagato regolarmente tutti gli aumenti tariffari nelle bollette dell’acqua il gestore privato non ha mai rispettato la programmazione degli investimenti da realizzare, spesso rimandando di anno in anno la realizzazione di lavori già coperti dalla tariffa.

In quasi venti anni di gestione privata gli effetti negativi sono sotto gli occhi di tutti:

-le perdite nelle reti hanno superato il 50% dell’acqua erogata (e oggi Umbra Acque spa si vanta di aver ridotto le perdite al 45%?);

-minori investimenti per la tutela della qualità dell’acqua;

-aumento di costi non programmati e operativi;

-canoni non pagati ai Comuni che ovviamente si ripercuotono anche in minori servizi ai cittadini;

-tariffe alle stelle e utili consolidati di milioni di euro (4,7 mil. nel 2021 e 6,9 mil. nel 2020).

Nonostante l’inefficienza di gestione l’AURI (l’Assemblea dei Comuni ricadenti nella gestione di Umbra Acque spa) ha premiato Umbra Acque spa deliberando l’estensione della Convenzione di 4 anni, fino al 31/12/2031, dimostrando ancora una volta la complicità tra politica e affari.

Dopo un lungo esame dei vari piani tariffari succedutisi nel tempo il Comitato Umbro Acqua Pubblica, per mezzo di una cittadina tra i fondatori del comitato e con il sostegno di altri 1000 utenti che hanno sottoscritto l’istanza, promuove un’azione popolare al Tribunale di Perugia per chiedere la risoluzione della convenzione con Umbra Acque spa a causa delle inadempienze commesse dal gestore durante tutto il corso dell’affidamento a danno di cittadini e utenti e per rivendicare il diritto all’acqua e alla vita per questa e le future generazioni.

Segue comunicato con i contenuti del ricorso.

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Bolletta acqua: le Partite pregresse non sono dovute, l’art. 31 della delibera dell’ARERA (ex AEEGSI) è illegittimo! Umbra Acque spa deve restituire i soldi agli utenti!

La contestazione delle partite pregresse sulla bolletta dell’acqua fu una delle battaglie portate avanti dal Comitato Umbro Acqua Pubblica nel 2015, quando una delibera dell’ATI 1 e 2 concesse ad Umbra Acque spa di recuperare i maggiori costi operativi sostenuti dal 2003 al 2010, addebitando in maniera retroattiva nelle bollette degli utenti € ‪5.272.714‬, con tariffa al mc in base ai consumi del 2012, e prelevando € ‪900.000‬ dai disavanzi di bilancio degli ATI 1 e 2.

Con ricorso straordinario al Capo dello Stato il Comitato Umbro Acqua Pubblica chiese l’annullamento di tale delibera, che rimetteva sulle bollette degli utenti i maggiori costi causati dall’inefficienza della gestione privata di Umbra Acque spa, azzerando il rischio d’impresa.

Questa è l’efficienza della privatizzazione!

Il TAR Umbria, andando anche contro una sua precedente sentenza (126/2011) che riguardava il SII di Terni, rigettò questa richiesta, ma oggi la Corte Suprema di Cassazione fa finalmente luce sulla vicenda, dichiarando “l’illegittimità del meccanismo recuperatorio” delle partite pregresse, nonostante siano previste dalla delibera dell’ARERA (ex AEEGSI). Nella sentenza si precisa infatti che la delibera dell’AEEGSI 643/2013, art. 31, in quanto provvedimento amministrativo, non deve essere in contrasto con la legge, in questo caso l’art. 11 disp. prel. C. C., quindi è illegittimo! 

E’ ora che Comuni (AURI) e gestori (Umbra Acque spa e gli altri) applichino correttamente la legge rimborsando questo  balzello imposto sulle fatture evitando aggravi di spese legali.  

Infatti se il gestore non rimborsasse spontaneamente gli utenti si potranno attivare  per ottenere il rimborso di quanto prelevato ingiustamente, se necessario anche ricorrendo legalmente con azioni individuali e/o collettive. 

A questo proposito invitiamo i titolari della bolletta dell’acqua a prendere contatti con il Comitato per avere tutte le informazioni necessarie e concordare le iniziative più opportune per ottere il rimborso, tutti i mercoledì dalle 18,30 a Perugia in via del Lavoro 29, tel. ‪075.5057404‬, e.mail acquapubblicapg@gmail.com

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10 anni, brutto compleanno referendum: Ancora Draghi!

11 e 12 giugno 2011:

Dopo una mobilitazione nazionale durata 11 anni, il movimento sull’Acqua Bene Comune, nato dal primo Social Forum Europeo a Firenze e cresciuto su tutto il territorio, ha portato 27 milioni di italiani a votare SI all’abrogazione del articolo 23 bis del D.L. 112/2008, che obbligava gli enti locali alla privatizzazione di tutti servizi pubblici, promosso dall’allora governo Berlusconi.

Cosa auspicata anche dal precedente governo Prodi, il quale già da quando presiedeva la Commissione Europea, nel 1999-2004, evidenziava che il 70% del PIL europeo era prodotto dalla spesa pubblica e che toccava trasferire una parte di questo PIL verso le aziende private.

L’impatto di questa gigantesca vittoriosa mobilitazione popolare (dove tutti i partiti sono stati lasciati al rango di meri sostenitori, perché coinvolti nella spartizione della torta dei servizi pubblici attraverso sistemi clientelari) doveva bloccare le politiche di privatizzazione dei servizi pubblici.

In questo contesto di terremoto politico-istituzionale si inserisce la lettera «segreta» LetteraDraghiTrichet5Ago2011 spedita il 5 agosto 2011 al governo italiano da Jean-Claude Trichet, allora presidente della BCE e da Mario Draghi governatore della Banca d’Italia, suo successore alla BCE dal 1°novembre 2011.

Le due istituzioni bancarie dettarono segretamente al governo il programma socio-politico-economico, esattamente opposto ai risultati referendari.

Il programma prevedeva, attraverso le riforme strutturali per rimanere nei parametri di Maastricht, la privatizzazione dei servizi pubblici e finanziamenti alle imprese private, l’affossamento della contrattazione salariale collettiva a favore di quella aziendale, la riforma delle norme sull’assunzione ed il licenziamento (che nel 2012 si trasformò nell’abolizione dell’art. 18), mobilità e flessibilità del mercato del lavoro.

Al fine della sostenibilità delle finanze pubbliche, inoltre dava indicazioni di accelerare i tempi per giungere al pareggio di bilancio, ovviamente attraverso i tagli di spesa, allungando l’età pensionabile ed equiparando l’età pensionabile delle donne del settore privato a quello pubblico “ottenendo dei risparmi già nel 2012”. Inoltre riduceva i costi del pubblico impiego bloccando il turnover e riducendo gli stipendi, tutto ciò da realizzare entro il settembre successivo.

Per concludere indicava di esercitare un controllo stretto dell’attività della pubblica amministrazione e sull’indebitamento, attraverso indicatori di performance e di abolire le Province.

Il governo “tecnico” Monti, con una maggioranza in parlamento del 96%, iniziò a realizzare il programma Draghi-Trichet, che dettò le linea di azione dei governi per i 10 anni successivi (Letta poi Renzi, poi Gentiloni per finire con Conte Uno e Due).

L’obiettivo di allora era bloccare le spese statali per non aumentare il debito pubblico già alle stelle e costosissimo in termini di interessi.

Quindi tagli alla sanità, alle università, alla ricerca pubblica e a tutto il sistema dell’insegnamento; riduzione delle spese nel settore della giustizia, tagli su tutti i servizi pubblici eccetto l’industria bellica, tanto che l’Italia è il secondo produttore mondiale nel settore delle armi leggere nonché dei sistemi di puntamento e tecnologia correlata.

10 anni dopo ci vogliono fare credere che il meccanismo si sia rovesciato ! Ma il dogma liberista è lo stesso e peggiorato!

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Nuovi presidenti – vecchi problemi

Con lo stupore che per fortuna ancora non ci abbandona e che non cede alle abituali dichiarazioni di politici che cercano di sorprendere i lettori, abbiamo letto sui giornali le dichiarazioni del nuovo Presidente di UA spa, insediatosi da ottobre scorso, riguardanti l’entità degli investimenti che il gestore del servizio idrico più importante per l’Umbria (se non altro per il numero dei comuni serviti) dovrà eseguire nel periodo 2020-2023.

Con grande entusiasmo (che assolutamente non vogliamo scoraggiare), tipico di chi si appresta ad occuparsi per la prima volta di un settore specifico, annuncia investimenti per 22 milioni di euro nel periodo e (o di cui) 1.965.000 euro per la sostituzione di vecchie tubature nel centro storico e zone limitrofe. Inoltre viene annunciato il potenziamento delle reti acquedottistiche in alcune frazioni di Perugia (si sa che i numeri, specie se riferiti ai soldi, restano impressi nella mente delle persone).

Quindi, parlando di numeri, vorremmo ricordare al neo-Presidente che per il 2020-2023, il piano d’ambito della gestione del servizio idrico di Umbra Acque spa prevede la realizzazione di   95.492.010 euro (al netto dei contributi, quindi da finanziare con la tariffa), di cui 21.624.487 euro solo nel 2020. Riguardo il contenimento delle perdite è prevista la spesa di € 500.000 per ogni anno (cod. 7202) e la spesa di 4.500.000 € nel 2020, 4.650.000 € nel 2021, 5.500.000 € nel 2022 e 5.000.000 € nel 2023 (cod. 7203) tutti finanziati con le tariffe (altro che Recovery Plan).

Nello specifico i lavori di:

– San fortunato della Collina – Boneggio (7039) erano previsti nel PdI 2016-2019 per 150.000 euro finanziati con tariffa, ma realizzati solo per circa 50.000 euro.

– Fontignano: erano previsti lavori nel 2017-2018 per 150.000 (7043) finanziati con tariffa e ne sono stati realizzati solo per 26.461 euro;

– Rifacimento della linea Poggio delle Corti, San Martino dei Colli, Pietraia, Poggiolo (cod. 7216) è programmato dal 2020 al 2022 per 615.000 euro, anche questi finanziati con tariffa.

– Estensione della condotta idrica a San Marino è programmata nel 2020 e 2021 per 90.000 euro (cod. 311_NpdI) finanziata con tariffa.

– Estensione della rete idrica sul monte Tezio è prevista nel 2022-2023, per 30.000 euro (cod.38_NpdI), finanziata sempre con tariffa.

– Collegamento al depuratore della frazione di Piccione (cod. 7016), sono previsti per 120.000 euro, finanziati con tariffa nel 2020 – 2021 (erano previsti anche nel 2019 sempre finanziati con tariffa, ma non sono stati realizzati).

– Sistemazione del collettore fognario di via Torelli e via delle Sorgenti è prevista nel pdI 2020-2023 per 700.000 euro (cod. 7213), finanziata con tariffa.

– Sostituzione del collettore fognario di Santa Lucia (cod. 7250) è prevista nel pdI 2020-2023 per 485.000 euro, finanziata con tariffa.

– Diversi interventi che riguardano ponte Valleceppi finanziati con tariffa nel 2020-2023.

– Collettamento fognario di Ripa e Pianello (cod. 6138) era programmato nel PdI 2016-2018 per 1.200.000 euro, tutto finanziato con tariffa.

– Collegamento di Fontignano al depuratore di Tavernelle (cod. 7018) era previsto nel PdI 2018-2019 per 400.000 euro, tutto finanziato con tariffa, realizzato solo per circa 60.000 euro e riprogrammato di nuovo nella tariffa 2020-2021 per 410.000 euro.

– Collegamento tra San Martino in Colle e Santa Maria Rossa (cod. 7004), era stato programmato nel 2018-2019 per 1.000.000 euro, finanziato con tariffa, realizzato solo per 130.000 euro circa e riprogrammato di nuovo nel 2020-2021-2022 per oltre 1.300.000 euro con finanziamento tariffario.

– Adeguamento del sistema depurativo di ponte san Giovanni (cod. 7251) è già previsto nel programma tariffario 2020-2023 per circa 3.750.000 euro, ovviamente da finanziare con la tariffa.

– Collettamento della frazione di Ramazzano era previsto nel 2019 per 100.000 euro (cod. 7020), realizzato per 45.000 euro e riprogrammato nel 2020, 2021, 2022 per 335.000 euro, con finanziamento tariffario.

Questa è solo una parte dei lavori programmati pagati e ripagati con le tariffe, che ovviamente aumenteranno del 5,8% nel 2020, 10,5% nel 2021, 16,3% nel 2022 e 18,6% nel 2023 come da piano economico tariffario approvato.

Ora se si aspetta il Recovery Plan per sistemare il sistema idrico, come verranno impiegati i soldi dei cittadini pagati con le bollette sempre più care?

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Quotazione in Borsa dell’acqua: NO grazie

http://europeanwater.org/it/notizie/comunicato-stampa/1004-quotazione-in-borsa-dell-acqua-no-grazie

Il Movimento Europeo dell’Acqua (European Water Movement) si unisce alla denuncia del Relatore Speciale dell’ONU sul diritto all’acqua Pedro Arrojo-Agudo che l’11 dicembre scorso ha espresso grave preoccupazione alla notizia che l’acqua, come una qualsiasi altra merce, verrà scambiata nel mercato dei “futures” della Borsa di Wall Street.

L’inizio della quotazione dell’acqua segna un prima e un dopo per questo bene indispensabile per la vita sulla Terra.

Si tratta di un passaggio epocale che apre alla speculazione dei grandi capitali e alla emarginazione di territori, popolazioni, piccoli agricoltori e piccole imprese ed è una grave minaccia ai diritti umani fondamentali. 
L’acqua è già minacciata dall’incremento demografico, dal crescente consumo ed inquinamento dell’agricoltura su larga scala e della grande industria, dal surriscaldamento globale e dai relativi cambiamenti climatici.
 E’ una notizia scioccante per noi, criminale perché ucciderà soprattutto gli impoveriti nel mondo.

Secondo l’ONU già oggi un miliardo di persone non ha accesso all’acqua potabile e dai tre ai quattro miliardi ne dispongono in quantità insufficiente. Per questo già oggi ben otto milioni di esseri umani all’anno muoiono per malattie legate alla carenza di questo bene così prezioso.

Questa operazione speculativa renderà vana, nei fatti, la fondamentale risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU del 2010 sul diritto universale all’acqua e, in Europa, rappresenterà un ulteriore schiaffo per i quasi 2 milioni di cittadine/i europee/i che nel 2013 hanno sottoscritto la Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) Right2Water per l’uscita dell’acqua dal mercato e l’esclusione dal profitto su questo bene.

Se oggi l’acqua può essere quotata in Borsa è perché da tempo è stata considerata merce, sottoposta ad una logica di profitto e la sua gestione privatizzata. Per invertire una volta per tutte la rotta, per mettere in sicurezza la risorsa acqua e difendere i diritti fondamentali delle cittadine/i.

CHIEDIAMO alle Istituzioni della UE di:

  • prendere posizione ufficialmente contro la quotazione dell’acqua in borsa e di dichiarare l’acqua bene inalienabile non soggetto a mercificazione e scambio commerciale;
  • impedire l’accaparramento delle fonti attraverso l’approvazione di concessioni di derivazione che garantiscano il principio di solidarietà, la tutela degli equilibri degli ecosistemi idrici e la qualità e quantità dell’acqua destinata al consumo umano
  • fissare ufficialmente questi requisiti nella normativa UE sull’acqua, in particolare nella Direttiva Quadro sull’Acqua, unitamente al riferimento alla Risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU del 2010 e alla Risoluzione del Parlamento UE del 2015;
  • richiedere investimenti per la riduzione drastica delle perdite nelle reti idriche;
  • richiedere la salvaguardia del territorio attraverso investimenti contro il dissesto idrogeologico.

Riguardo ai diritti umani fondamentali, il Diritto Umano all’Acqua ed ai Servizi Idro-sanitari sancito dall’ONU deve essere incluso nella legislazione Europea (Risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU del 2010 e Risoluzione del Parlamento della UE del 2015).

Chiediamo agli Stati Membri ed alle istituzioni Europee di includere il principio del Diritto Umano all’Acqua nell’European Pillar of Social Rights Action Plan (Pilastro Europeo del Piano di Azione per i Diritti Sociali). A tale scopo necessitiamo di una proposta concreta.

Con diversi milioni di persone a cui è negato il diritto di accesso ai servizi essenziali, è spaventoso che la Commissione proponga soltanto per il 2023 un Primo Rapporto della UE sull’Accesso ai Servizi Essenziali. Questo fa sì che sia troppo tardi per definire concrete proposte legislative entro la presente legislatura e pertanto chiediamo di anticipare tutto ciò al 2022.

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Il grido di aiuto dei fiumi, soffocati e trasformati in canali di scolo

di

Belén García Martínez

Profesora Contratada Doctora, Área de Geografía Física, Dpto. Geografía Física y Análisis Geográfico Regional, Universidad de Sevilla

https://theconversation.com/el-grito-de-socorro-de-los-rios-asfixiados-y-convertidos-en-canales-de-desague-155785

Nella Giornata internazionale di azione per i fiumi, celebrata ogni 14 marzo, guardiamo questi sistemi naturali che sono stati, sono e saranno così importanti per lo sviluppo ambientale, sociale, culturale ed economico dell’umanità. È necessario mostrare quanto sia instabile il rapporto uomo-fiume oggi, in un contesto di cambiamento climatico in cui una forte antropizzazione li sta privando della loro identità, dinamismo e territorio. I fiumi sono sistemi naturali dinamici, complessi, estremamente sensibili a qualsiasi tipo di cambiamento, sia esso climatico, idrologico o antropico. Questi presuppongono una rottura dell’equilibrio tra il flusso e il carico trasportato. Qualsiasi azione intrapresa nel fiume o nel suo bacino si manifesterà sia nel canale che nella sua pianura alluvionale. Le principali attività umane che interessano i sistemi fluviali includono quanto segue:Cambiamenti nell’uso del suolo.Rimozione vegetazione argine fluviale.Lavori di difesa contro viali, dragaggi e condotte.L’estrazione di aggregati.Agricoltura e piantagioni di pioppi.Pascolo.La regolazione dei flussi.Inquinamento dell’acqua.L’astrazione-incorporazione dei flussi.Lo sfruttamento delle specie autoctone.L’introduzione di specie esotiche.La navigazione.

Le conseguenze per i fiumi

Per introdurre il lettore a questo argomento, vorrei sottolineare alcune delle implicazioni che alcune azioni comportano, come la costruzione abusiva di bacini artificiali, che ne alterano il regime naturale. Nei fiumi del bacino del Guadalquivir abbiamo registrato una generica riduzione del volume del flusso circolante attraverso il canale, un’inversione di regime o anche una maggiore irregolarità idrologica. Il numero di mesi in cui il fiume non ha praticamente flusso a causa della ritenzione del flusso nelle dighe è aumentato. Il suddetto fenomeno, insieme alla ritenzione di sedimenti nei serbatoi, porta al restringimento e all’incisione dei canali. Perdendo progressivamente la connessione con le loro pianure alluvionali. Questa tendenza al collasso è anche un grave problema per le opere infrastrutturali, come i ponti o le autostrade vicine, a causa del degrado.
Un esempio è il ponte Tomás de Ibarra sul fiume Rivera de Huelva, a Guillena (Siviglia). La forte incisione nel fiume che genera l’instabilità del ponte sarebbe associata all’irregolarità del regime, alla generazione di rapide onde di piena e all’effetto delle acque pulite.

Cambiamenti nella vegetazione

Il regime di scorrimento ed i suoi effetti sui canali fluviali garantisce la composizione e la distribuzione della sponda vegetativa, nonché della sua struttura e abbondanza. I cambiamenti descritti sarebbero responsabili della migrazione della vegetazione al fondo del mare per soddisfare il suo fabbisogno idrico e, in parte, della perdita della biodiversità naturale e dell’integrità di questi ecosistemi. Ma non è l’unica causa. Assistiamo ripetutamente all’intenso degrado di questi spazi. In molti casi le specie endemiche vengono sostituite da specie estranee, come l’eucalipto. In altri casi, scompaiono nella loro interezza per lasciare il posto alle piccole e medie aziende agricole. Queste azioni non solo prescindono da quanto stabilito dalla Legge sull’Acqua e dall’obbligo di tutela del Dominio Idraulico Pubblico, ma riducono anche il lavoro di laminazione delle onde di piena in pianura, la capacità di ritenzione dei sedimenti e la fissazione dei margini.

Il pericolo di inondazioni non può essere eliminato in una popolazione completamente stabilita nelle pianure alluvionali. È il paradosso della tecnologia contemporanea. Sebbene gli invasi possano evitare alluvioni periodiche di minore importanza (ordinarie), rappresentano un rischio aggiuntivo quando l’effetto laminazione è superato dalla persistenza del fenomeno, e le dighe devono scaricare l’acqua in caso di pericolo di guasto. Un effetto indesiderato ancora più pericoloso si origina in quelle pianure che sono state private dei loro boschi ripariali e gli elementi morfologici (canali abbandonati) con la capacità di evacuare e reindirizzare il flusso alluvionale sono stati smantellati o ostacolati. Un buon esempio si trova nel doppio meandro abbandonato della Cantillana. Scollegato dal Guadalquivir dopo il suo accorciamento e la costruzione della diga di Cantillana, continua a recuperare la sua funzionalità in alluvioni straordinarie e generando numerosi disastri in pianura.

Una società staccata dai fiumi Da società adattata all’ambiente, in cui i fiumi erano spazi di incontro, svago, spina dorsale della società e della cultura, siamo passati ad invadere lo spazio del fiume, con un unico obiettivo: valorizzare al meglio la risorsa senza tenere conto della qualità del sistema che lo genera. In questo processo, il fiume è stato spogliato della sua categoria di fiume, in molti casi per concedergli quella di canale di scolo e talvolta vincolarlo al semplice canale. Tuttavia questa società è la stessa che vive con le spalle ai fiumi e che continua a chiedere loro sicurezza. La denaturazione e lo scarso monitoraggio di queste aree di grande pregio naturalistico, talvolta con soddisfazione dell’Amministrazione, non aiuta l’implementazione della Direttiva Quadro Acque volta a prevenire il degrado, migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici e favorire l’uso sostenibile dell’acqua.




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Umbra acque si cura di te! E ti manda avvisi di messa in mora!

Il Covid per Umbra Acque spa sta rappresentando una bella occasione  di marketing gratuito, sulle spalle di tanti volontari ed operatori sanitari, che lavorano quotidianamente per contrastare la  pandemia.

Infatti nello  spazio concesso alla USL  per l’istallazione del drive-through per eseguire i tamponi della sorveglianza sanitaria COVID, sono stati esposti  tre grandi striscioni con la scritta “UMBRAACQUE SICURA DI TE” visibili lungo tutto il percorso alle persone che devono fare il tampone.

Sempre  in questi giorni  Umbra Acque spa,incurante dei disagi legati al periodo emergenziale,   sta inviando solleciti di pagamento con avvisi di messa in mora.

E’ grottesco ma è la verità.

Molti utenti tra cui  famiglie con bambini, anziani ultraottantenni, stanno ricevendo avvisi bonari con cui si richiedono pagamenti di importi sbagliati per fatture già pagate, con la minaccia di attivare le procedure di morosità previste, come riduzione di flusso, distacchi etc etc. dopo 40 giorni.

Oltretutto per chi volesse far valere le proprie ragioni, nel sollecito “bonario” non sono presenti contatti per inviare risposte o richieste di chiarimenti, ma solo tutte le modalità per pagare.

Anche sul sito di Umbra Acque spa sono spariti i contatti (mail, telefono e fax) per interloquire con l’ufficio clienti, il numero verde è praticamente irraggiungibile come l’unico contatto telefonico.

Insomma paga e basta altrimenti rischi il distacco dell’acqua!

Questa è l’efficienza della gestione di Umbra Acque spa, che i comuni dell”AURI  hanno prorogato dal 04/02/2028 al 31/12/2031 senza tenere conto se questo gestore abbia rispettato gli impegni previsti dalla convenzione in termini di investimenti e pagamento dei canoni.

In questo modo le scadenze delle convenzioni saranno allineate a quelle degli altri gestori umbri e le multinazionali ACEA spa e SUEZ potranno accaparrarsi l’intero territorio regionale, compresi i comuni dell’area di Foligno oggi gestiti in house.

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Il comune di Terni all’avanguardia sul processo di privatizzazione dell’acqua!

Il comune  di Terni infatti, ha venduto ad Umbriadue Scarl, del gruppo ACEA, la quota della Società Consortile S.I.I. (Servizio Idrico Integrato) posseduta da ASM, l’azienda municipale ternana che gestisce i servizi pubblici locali (illuminazione, rifiuti, acqua ma anche energia elettrica).

La vendita di questa quota pubblica va incontro ad uno specifico obiettivo di crescita del patrimonio ed incremento del valore azionario di ACEA spa, ricordiamo partecipata da SUEZ, sul settore idrico, oggi di importanza strategica per i profitti di multinazionali e finanziarie, grazie ai programmi di investimenti pubblici ed alle entrate derivanti dalle tariffe sempre più alte che i cittadini sono costretti a pagare per un bene essenziale alla vita.

Nel mentre favorisce gli interessi del socio privato, la vendita in questione, liquida di fatto una parte del suo patrimonio pubblico comunale per circa 6 milioni di euro,  con l’apparente guadagno di non versare alla S.I.I. circa la stessa somma (comune e ASM) a titolo di “contributi generici”, come previsto dall’art. 8 dello stauto del S.I.I.

Infatti, in cambio la S.I.I. ha modificato lo statuto, eliminando l’art. 8 in base al quale recentemente aveva chiesto ai soci 16 milioni di euro a titolo di contributi generici, per “errori di pianificazione risalenti al 2006-2010, anche se la S.I.I. non corre rischi di fallimento visto che ha chiuso il bilancio 2019 con un utile di € 3.000.000 ed il bilancio 2018 con un utile di 2.500.000.

E’ stato eliminato anche l’art. 10 dello statuto che riguarda la responsabilità solidale dei soci.

Entrambi probabilmente rappresentano l’ultimo baluardo di una gestione del servizio concepita pubblica, da un consorzio di comuni che volevano condividere spese e problematiche, e che oggi si rivela un utile strumento nelle mani del socio privato ACEA per indebitare i comuni stessi, che al contrario sono creditori per i canoni di concessione delle reti.

 

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