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Il grido di aiuto dei fiumi, soffocati e trasformati in canali di scolo

di

Belén García Martínez

Profesora Contratada Doctora, Área de Geografía Física, Dpto. Geografía Física y Análisis Geográfico Regional, Universidad de Sevilla

https://theconversation.com/el-grito-de-socorro-de-los-rios-asfixiados-y-convertidos-en-canales-de-desague-155785

Nella Giornata internazionale di azione per i fiumi, celebrata ogni 14 marzo, guardiamo questi sistemi naturali che sono stati, sono e saranno così importanti per lo sviluppo ambientale, sociale, culturale ed economico dell’umanità. È necessario mostrare quanto sia instabile il rapporto uomo-fiume oggi, in un contesto di cambiamento climatico in cui una forte antropizzazione li sta privando della loro identità, dinamismo e territorio. I fiumi sono sistemi naturali dinamici, complessi, estremamente sensibili a qualsiasi tipo di cambiamento, sia esso climatico, idrologico o antropico. Questi presuppongono una rottura dell’equilibrio tra il flusso e il carico trasportato. Qualsiasi azione intrapresa nel fiume o nel suo bacino si manifesterà sia nel canale che nella sua pianura alluvionale. Le principali attività umane che interessano i sistemi fluviali includono quanto segue:Cambiamenti nell’uso del suolo.Rimozione vegetazione argine fluviale.Lavori di difesa contro viali, dragaggi e condotte.L’estrazione di aggregati.Agricoltura e piantagioni di pioppi.Pascolo.La regolazione dei flussi.Inquinamento dell’acqua.L’astrazione-incorporazione dei flussi.Lo sfruttamento delle specie autoctone.L’introduzione di specie esotiche.La navigazione.

Le conseguenze per i fiumi

Per introdurre il lettore a questo argomento, vorrei sottolineare alcune delle implicazioni che alcune azioni comportano, come la costruzione abusiva di bacini artificiali, che ne alterano il regime naturale. Nei fiumi del bacino del Guadalquivir abbiamo registrato una generica riduzione del volume del flusso circolante attraverso il canale, un’inversione di regime o anche una maggiore irregolarità idrologica. Il numero di mesi in cui il fiume non ha praticamente flusso a causa della ritenzione del flusso nelle dighe è aumentato. Il suddetto fenomeno, insieme alla ritenzione di sedimenti nei serbatoi, porta al restringimento e all’incisione dei canali. Perdendo progressivamente la connessione con le loro pianure alluvionali. Questa tendenza al collasso è anche un grave problema per le opere infrastrutturali, come i ponti o le autostrade vicine, a causa del degrado.
Un esempio è il ponte Tomás de Ibarra sul fiume Rivera de Huelva, a Guillena (Siviglia). La forte incisione nel fiume che genera l’instabilità del ponte sarebbe associata all’irregolarità del regime, alla generazione di rapide onde di piena e all’effetto delle acque pulite.

Cambiamenti nella vegetazione

Il regime di scorrimento ed i suoi effetti sui canali fluviali garantisce la composizione e la distribuzione della sponda vegetativa, nonché della sua struttura e abbondanza. I cambiamenti descritti sarebbero responsabili della migrazione della vegetazione al fondo del mare per soddisfare il suo fabbisogno idrico e, in parte, della perdita della biodiversità naturale e dell’integrità di questi ecosistemi. Ma non è l’unica causa. Assistiamo ripetutamente all’intenso degrado di questi spazi. In molti casi le specie endemiche vengono sostituite da specie estranee, come l’eucalipto. In altri casi, scompaiono nella loro interezza per lasciare il posto alle piccole e medie aziende agricole. Queste azioni non solo prescindono da quanto stabilito dalla Legge sull’Acqua e dall’obbligo di tutela del Dominio Idraulico Pubblico, ma riducono anche il lavoro di laminazione delle onde di piena in pianura, la capacità di ritenzione dei sedimenti e la fissazione dei margini.

Il pericolo di inondazioni non può essere eliminato in una popolazione completamente stabilita nelle pianure alluvionali. È il paradosso della tecnologia contemporanea. Sebbene gli invasi possano evitare alluvioni periodiche di minore importanza (ordinarie), rappresentano un rischio aggiuntivo quando l’effetto laminazione è superato dalla persistenza del fenomeno, e le dighe devono scaricare l’acqua in caso di pericolo di guasto. Un effetto indesiderato ancora più pericoloso si origina in quelle pianure che sono state private dei loro boschi ripariali e gli elementi morfologici (canali abbandonati) con la capacità di evacuare e reindirizzare il flusso alluvionale sono stati smantellati o ostacolati. Un buon esempio si trova nel doppio meandro abbandonato della Cantillana. Scollegato dal Guadalquivir dopo il suo accorciamento e la costruzione della diga di Cantillana, continua a recuperare la sua funzionalità in alluvioni straordinarie e generando numerosi disastri in pianura.

Una società staccata dai fiumi Da società adattata all’ambiente, in cui i fiumi erano spazi di incontro, svago, spina dorsale della società e della cultura, siamo passati ad invadere lo spazio del fiume, con un unico obiettivo: valorizzare al meglio la risorsa senza tenere conto della qualità del sistema che lo genera. In questo processo, il fiume è stato spogliato della sua categoria di fiume, in molti casi per concedergli quella di canale di scolo e talvolta vincolarlo al semplice canale. Tuttavia questa società è la stessa che vive con le spalle ai fiumi e che continua a chiedere loro sicurezza. La denaturazione e lo scarso monitoraggio di queste aree di grande pregio naturalistico, talvolta con soddisfazione dell’Amministrazione, non aiuta l’implementazione della Direttiva Quadro Acque volta a prevenire il degrado, migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici e favorire l’uso sostenibile dell’acqua.




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Umbra acque si cura di te! E ti manda avvisi di messa in mora!

Il Covid per Umbra Acque spa sta rappresentando una bella occasione  di marketing gratuito, sulle spalle di tanti volontari ed operatori sanitari, che lavorano quotidianamente per contrastare la  pandemia.

Infatti nello  spazio concesso alla USL  per l’istallazione del drive-through per eseguire i tamponi della sorveglianza sanitaria COVID, sono stati esposti  tre grandi striscioni con la scritta “UMBRAACQUE SICURA DI TE” visibili lungo tutto il percorso alle persone che devono fare il tampone.

Sempre  in questi giorni  Umbra Acque spa,incurante dei disagi legati al periodo emergenziale,   sta inviando solleciti di pagamento con avvisi di messa in mora.

E’ grottesco ma è la verità.

Molti utenti tra cui  famiglie con bambini, anziani ultraottantenni, stanno ricevendo avvisi bonari con cui si richiedono pagamenti di importi sbagliati per fatture già pagate, con la minaccia di attivare le procedure di morosità previste, come riduzione di flusso, distacchi etc etc. dopo 40 giorni.

Oltretutto per chi volesse far valere le proprie ragioni, nel sollecito “bonario” non sono presenti contatti per inviare risposte o richieste di chiarimenti, ma solo tutte le modalità per pagare.

Anche sul sito di Umbra Acque spa sono spariti i contatti (mail, telefono e fax) per interloquire con l’ufficio clienti, il numero verde è praticamente irraggiungibile come l’unico contatto telefonico.

Insomma paga e basta altrimenti rischi il distacco dell’acqua!

Questa è l’efficienza della gestione di Umbra Acque spa, che i comuni dell”AURI  hanno prorogato dal 04/02/2028 al 31/12/2031 senza tenere conto se questo gestore abbia rispettato gli impegni previsti dalla convenzione in termini di investimenti e pagamento dei canoni.

In questo modo le scadenze delle convenzioni saranno allineate a quelle degli altri gestori umbri e le multinazionali ACEA spa e SUEZ potranno accaparrarsi l’intero territorio regionale, compresi i comuni dell’area di Foligno oggi gestiti in house.

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Il comune di Terni all’avanguardia sul processo di privatizzazione dell’acqua!

Il comune  di Terni infatti, ha venduto ad Umbriadue Scarl, del gruppo ACEA, la quota della Società Consortile S.I.I. (Servizio Idrico Integrato) posseduta da ASM, l’azienda municipale ternana che gestisce i servizi pubblici locali (illuminazione, rifiuti, acqua ma anche energia elettrica).

La vendita di questa quota pubblica va incontro ad uno specifico obiettivo di crescita del patrimonio ed incremento del valore azionario di ACEA spa, ricordiamo partecipata da SUEZ, sul settore idrico, oggi di importanza strategica per i profitti di multinazionali e finanziarie, grazie ai programmi di investimenti pubblici ed alle entrate derivanti dalle tariffe sempre più alte che i cittadini sono costretti a pagare per un bene essenziale alla vita.

Nel mentre favorisce gli interessi del socio privato, la vendita in questione, liquida di fatto una parte del suo patrimonio pubblico comunale per circa 6 milioni di euro,  con l’apparente guadagno di non versare alla S.I.I. circa la stessa somma (comune e ASM) a titolo di “contributi generici”, come previsto dall’art. 8 dello stauto del S.I.I.

Infatti, in cambio la S.I.I. ha modificato lo statuto, eliminando l’art. 8 in base al quale recentemente aveva chiesto ai soci 16 milioni di euro a titolo di contributi generici, per “errori di pianificazione risalenti al 2006-2010, anche se la S.I.I. non corre rischi di fallimento visto che ha chiuso il bilancio 2019 con un utile di € 3.000.000 ed il bilancio 2018 con un utile di 2.500.000.

E’ stato eliminato anche l’art. 10 dello statuto che riguarda la responsabilità solidale dei soci.

Entrambi probabilmente rappresentano l’ultimo baluardo di una gestione del servizio concepita pubblica, da un consorzio di comuni che volevano condividere spese e problematiche, e che oggi si rivela un utile strumento nelle mani del socio privato ACEA per indebitare i comuni stessi, che al contrario sono creditori per i canoni di concessione delle reti.

 

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12 E 13 GIUGNO 2011: VINCONO I SI AL REFERENDUM! SONO PASSATI 9 ANNI O 9 SECOLI?

 

12 E 13 GIUGNO 2011 Ventisette milioni di italiani abrogano con il referendum l’articolo 23 bis del decreto legge n. 112 del 2008 che obbligava alla privatizzazione dei servizi pubblici, tra cui anche la gestione dell’acqua.

Un atto di democrazia diretta che viene affossato subito dopo dal governo tecnico del Prof. Monti, tramite l’affidamento della regolamentazione del SII (Servizio Idrico Integrato) all’ARERA (Autorità di regolazione di mercato) che adotta un sistema tariffario tale da rendere strutturali i margini di convenienza o comunque di tutela per il gestore privato e facendo fare così un grosso balzo in avanti alle politiche neoliberiste in Italia, contro la volontà popolare.

A giugno 2020, grazie all’emergenza COVID-19, lo stato di diritto viene abolito del tutto.

I più semplici diritti costituzionali sono affossati: l’istruzione, la giustizia, la salute (tranne le terapie intensive per il COVID-19), blocco della libera circolazione delle persone, dell’economia e, naturalmente, crollo del diritto al lavoro.

Dopo il blocco inizia la fase 2, che riguarda soprattutto le misure per la riapertura delle attività economiche e commerciali, decise dopo lunghe trattative con Confindustria, mentre l’attuazione del piano pandemico rimane sulla carta, così come l’esercizio dei diritti costituzionali, compresa la libera circolazione delle persone che arriverà solo a giugno per il territorio nazionale.

Tutto ciò è condito dal sistema informativo/comunicativo social e mainstream che per tutto il periodo è impegnato a diffondere dati statistici su contagiati, morti e tamponi, oltre che notizie sull’eventuale andamento e pericolosità del virus, che contribuiscono a creare tanta incertezza e paura in modo da annientare ogni consapevolezza tra le persone.

La Democrazia è moribonda e l’unica cura che riceve si chiama neoliberismo.

Un neoliberismo che sembra ancora più forte di prima e che, invece di essere l’imputato principale della crisi sociale ed economica in corso, detta la linea ai governi nazionali ed alle istituzioni europee.

DOPO 9 ANNI CHE SEMBRANO 9 SECOLI il documento di Water Europe (WE) infatti rilancia un progetto complessivo politico-economico, proprio a partire dall’acqua.

L’associazione che raccoglie più di 200 membri, tra cui fornitori e gestori di servizi idrici che dettano la linea (Veolia, Suez, Acciona, Canal de Isabel II, AEAS, Severn Trent, Utilitalia, Coca Cola e altre) e rappresentanti della società civile, autorità pubbliche e universitarie che fanno da supporto, ha pubblicato un documento dal titolo “Il valore dell’acqua: verso una società europea intelligente per l’acqua a prova di futuro (Water Smart Society)“, dove per valore non si intende di certo quello inestimabile di un bene essenziale alla vita, da preservare per le generazioni future, ma quello economico.

Vengono previsti investimenti nel settore idrico pari all’1,5% del PIL globale (l’OCSE evidenzia che entro il 2030 saranno necessari circa 253 miliardi di euro in investimenti nel settore idrico della sola Europa) e per ogni euro investito è stimato un rendimento di circa 4 €.

Quindi grandi risorse finanziarie da investire e grandi profitti da realizzare!

La definitiva acquisizione dell’acqua come fonte di profitto, oltre a definirne il valore economico e la redditività, ne fa il cardine di un progetto politico complessivo, “l’impronta dell’acqua” che con una falsa attenzione alla sostenibilità ambientale mira al controllo dei consumi nelle sue varie forme (uso civico o produttivo) ed al controllo dei bacini idrografici. Tutto sempre orientato a non comprometterne il rendimento in termini di profitti, anzi ampliando la sfera della redditività degli investimenti nel settore idrico.

Il progetto comprende anche “Acqua digitale”, la digitalizzazione dei processi di gestione del servizio finalizzata alla facilitazione delle transazioni finanziarie e commerciali, ma anche, e da non sottovalutare, alla produzione di grandi quantità di dati degli utenti (big data) utili per i sistemi di governance e processi decisionali innovativi.

Con grande benevolenza sociale, prevede inoltre di incoraggiare l’inclusione e la partecipazione dei cittadini alla gestione del servizio idrico, non per deciderne le politiche sul territorio, ma solo per seguire le finalità delle Water Smart Society ed ottenere quindi una pacificazione sociale “compatibile” e “profittevole”.

Un esempio che va nella direzione descritta ce l’abbiamo già sotto gli occhi, il cosiddetto Piano Colao per la rinascita dell’Italia che ai punti 33 e 34 propone per il settore idrico una revisione/semplificazione della normativa in materia di opere pubbliche e di valutazione di impatto ambientale per tutte gli investimenti infrastrutturali; una revisione del sistema tariffario finalizzato ad aumentare l’attrattività degli investimenti privati nel settore idrico (che tradotto significa aumento delle tariffe); una revisione del sistema di governo del settore per stimolare le grandi aggregazioni di imprese e i partenariati pubblico-privati, estesi anche al settore delle multiutility e dell’energia. Nel complesso un insieme articolato di proposte finalizzate a rendere definitivo il processo di privatizzazione e finanziarizzazione del settore idrico.

DOPO 9 ANNI CHE SEMBRANO 9 SECOLI, dopo un referendum tradito, dopo la riduzione delle Autorità d’Ambito e dei Comuni a semplici passacarte dei gestori privati, oggi l’acqua è al centro di un attacco che oltre ad assumerla definitivamente come bene economico strumento di profitto, la rende oggetto di un ingente investimento di risorse fuori dal controllo pubblico e dal perseguimento di finalità sociali, totalmente nelle mani delle grandi imprese del settore delle multiutility che governeranno direttamente la risorsa, la controlleranno lungo tutto il processo, dalle sorgenti all’erogazione, dalla depurazione all’impatto ambientale, assumendone anche la funzione di controllori ambientali, produttivi e dei bisogni.

L’ideologia della compatibilità economica che impera sul sistema politico ha distrutto i diritti sociali ed il primato del profitto ha rapinato le risorse ambientali.

DOPO 9 ANNI CHE SEMBRANO 9 SECOLI l’acqua deve rimanere a maggior ragione il simbolo della battaglia per la difesa delle risorse naturali e per il diritto alla vita, contro la sua riduzione a merce, il campo su cui costruire dal basso la resistenza e la rivendicazione libera e democratica dei diritti primari, dalla salute all’istruzione, dal reddito ai servizi, così come dei diritti civili, come stanno già dimostrando le lotte in tante parti del mondo, dal Cile al Sudan, dagli USA ad Hong-Kong, alla Francia.

DOPO 9 ANNI CHE SEMBRANO 9 SECOLI: RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE!

Comitato Umbro Acqua Pubblica

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Acqua e salute, due temi che vanno di pari passo.

Lottare per il diritto all’accesso all’acqua significa anche lottare per il diritto alla salute.

Mai questo è stato così chiaro come in questo momento, infatti l’igiene, il lavaggio frequente delle mani e la pulizia delle superfici sono indispensabili per prevenire il contagio del virus.

 
Oltre 27000 morti ad oggi, 150 medici, 34 infermieri e 10 farmacisti deceduti per aver svolto il loro lavoro senza adeguati mezzi di protezione individuale , blocco di tutte le attività non essenziali per circa 2 mesi, persone chiuse in casa, divieto di assembramenti e riunioni…..
 
Molti hanno paragonato questa situazione a quella di una guerra. Per il 25 aprile medici, infermieri e il personale sanitario sono stati rappresentati come i nuovi eroi di questa “pandemia” che, sembra, ci sia capitata addosso in maniera del tutto inaspettata.
 
In realtà questi eroi , sono stati carne da macello sacrificati sull’altare del neoliberismo!
 
Infatti oggi ci troviamo a subire le conseguenze di anni di politiche finalizzate a smantellare quei diritti riconosciuti dalla Costituzione, che lavoratori e cittadini si sono conquistati, anche a costo della vita e che nel corso degli anni, partiti politici, sindacati e associazioni, hanno contribuito per ricondurli ad una mera formalità.
 
Dopo la Costituzione del ’48, la Legge 833 del 23 dicembre 1978 ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con il quale si garantiva l’universalità, l’uguaglianza e l’equità di un diritto umano fondamentale per tutte/i.
 
Con le riforme degli anni ’90 si delega la salute pubblica alla competenza delle regioni e si introduce l’aziendalizzazione, trasformando le USL in Aziende e gestendo la sanità come fosse una “fabbrica” con budget e utili, strozzata da esigenze di bilanci sempre più ristretti e accompagnati da tagli ai finanziamento.
 
Le scelte politiche dell’efficienza efficacia ed economicità impongono la riduzione dei servizi territoriali, più costosi ma necessari per svolgere l’assistenza sanitaria sul territorio in modo da non aggravare l’attività ospedaliera. Invece si lavora al risparmio, di strutture sanitarie, di attrezzature, di formazione e sopratutto di personale.
 

Allo stesso tempo si favorisce e sovvenziona la sanità privata, sopratutto per la diagnostica e piccole degenze. I problemi più grossi e più costosi come le terapie intensive restano al pubblico.

Con questo quadro si è affrontata e si continua ad affrontare alla cieca in Italia la pandemia del coronavirus.

Eppure in Italia era stato già approvato il Piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale https://www.epicentro.iss.it/focus/flu_aviaria/pdf/pianopandemico.pdf che aveva messo in evidenza la necessità di una precisa organizzazione tra livelli nazionale, regionale e territoriale “poiché tempistica e qualità degli interventi sarebbero risultati essenziali”, dicono le conclusioni di chi ha predisposto il piano (https://www.epicentro.iss.it/focus/flu_aviaria/modello).

 
Il piano sulla pandemia prevede 6 fasi in base al grado di diffusione del virus.
Già nelle prime fasi, quando il virus è stato identificato ma non ha ancora causato infezioni nell’uomo, il piano prevede azioni di organizzazione e coordinamento tra autorità competenti , monitoraggio della diffusione e sorveglianza sanitaria, censimento delle strutture esistenti e la definizione del fabbisogno sanitario, sia per i dispositivi di protezione individuale (DPI) per il personale, sia delle macchine e attrezzature necessarie per fronteggiare l’eventuale emergenza.Nonostante il 31/12 le autorità cinesi avessero segnalato all’OMS l’esistenza di numerosi casi di polmonite da virus, il 7 gennaio viene identificato il virus ed il 9 viene documentato dall’OMS il primo decesso a causa del virus, l’Italia resta ferma a guardare senza fare niente.

Le prime ordinanze del ministero della salute con le indicazioni sulla gestione dei casi nelle strutture sanitarie, l’utilizzo dei DPI per il personale sanitario e le precauzioni standard di biosicurezza e il controllo sanitario dei passeggeri in arrivo in Italia dai paesi covid vengono emana te a fine gennaio. Misure molto lontane e molto in ritardo rispetto a i tempi previsti nel piano pandemico e che rimandano alle regioni il compito di organizzarsi per fronteggiare l’arrivo della pandemia. Ma i territori sono sprovvisti di personale preparato, di mezzi e attrezzature adeguate ad evitare il contagio degli stessi operatori sanitari, che infatti diventeranno i vettore del virus.

Solo a marzo sarà possibile fare sulla piattaforma CONSIP l’approvvigionamento di DPI e altra strumentazione necessaria. Troppo tardi!

Invece di adottare il Piano pandemico in tempo utile, attivando i servizi necessari, si decide di dichiarare lo stato di emergenza sanitaria e affidarne la gestione alla protezione civile, che gestirà i finanziamenti stanziati attraverso il f.do emergenze, come se fosse una calamità naturale imprevedibile.

L’Italia si è ritrovata schiacciata dalla pandemia e l’unico mezzo utilizzato per contenerla è stato l’isolamento delle persone con il blocco intero di tutte le attività, con conseguenze disastrose come aumento della disoccupazione, aumento della povertà e crollo di interi settori economici, tranne quelli che la Confindustria raccomanda al governo! E come succede sempre nelle emergenze alcuni settori invece incrementano i profitti anche a 3 cifre come le case farmaceutiche, la logistica, tutto il settore del digitale o la grande distribuzione organizzata.

 
Con il blocco delle attività si ha anche il blocco dell’attività sanitaria; mentre gli ospedali covid sono allo stremo, negli altri ospedali, nei distretti e poliambulatori, invece di organizzare le misure di prevenzione (pre-triage, ingressi separati, etc. etc.) si blocca l’attività sanitaria per paura del contagio!
 
Paradossalmente il presidio sanitario che dovrebbe essere il luogo più sicuro, è diventato il luogo principale di diffusione del virus, per mancanza di organizzazione e preparazione.
 
Sono state sospese tutte le visite specialistiche, si lavora a malapena sulle urgenze. Per quasi due mesi, per tutte le malattie non covid non c’è cura.
 
Anche le case per anziani vengono coinvolte in questa assurda giostra di pressappochismo e menefreghismo, che provoca un’ecatombe sui soggetti a rischio.
 
Quando ormai la pandemia è al picco della sua diffusione vengono stanziati altri fondi a favore della protezione civile per fronteggiare l’emergenza (aumento fondo emergenze, assunzione veloce per medici, aumento dei posti letto di terapia intensiva, finanziamento dell’ISS ), con il rischio di creare strutture che in futuro serviranno a poco.
 
Vengono adottare nuove misure (insufficienti) di sostegno per imprese e famiglie.
Il finanziamento del cura-Italia e quelli che verranno per far ripartire l’economia hanno ingigantito ovviamente il debito pubblico che consegnerà l’Italia nelle mani del ricatto economico europeo e che sicuramente tornerà a gravare sulle spalle di cittadini e lavoratori in termini di riduzione dei servizi pubblici, riduzioni di stipendi.
 

Insomma è un cane che si morde la coda o la solita ricetta liberista per indebitare della popolazione di uno stato per poterla meglio ricattare dopo, tipo l’esempio greco ancora in atto?

Ora si ragiona sulla “fase 2”, ossia la ripresa delle attività economiche prima e, poi, l’uscita dall’isolamento, ma non ci può essere ripresa senza il potenziamento dei servizi pubblici.

E’ necessario che il sistema economico venga ripensato nell’ottica di tutela e di salvaguardia dell’umanità, partendo dall’ambiente, dal la tutela delle risorse idriche e dal potenziamento dei servizi sanitari per poter affrontare questo ed altri virus che verranno.

 
E’ necessario ripensare il sistema sanitario non su b asi economiche ma nell’interesse della salute, potenziando i servizi di prevenzione e sorveglianza sui territorio, attraverso la collaborazione tra medici di base e pediatri, ospedalieri, assistenti sanitari e infermieri delle ASL, in modo da segnalare la presenza delle malattie, avviare le attività di identificazione dei fattori di rischio, le fonti dell’infezione, ricercare i contatti, organizzare interventi o azioni per prevenire ulteriori casi di malattia legati al rischio espositivo, valutare le strategie esistenti o implementarne di nuove al fine di prevenire ulteriori episodi e sopratutto curare i malati prima che le loro condizioni si aggravino.
 
T ornare quindi a un vero servizio pubblico, senza logiche di mercato, che abbia come obiettivo solo la tutela del la salute di tutti, esattamente come va ripensata la gestione del servizio idrico, che deve essere totalmente pubblica e partecipata da cittadini e utenti.

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Audizione del Comitato Umbro Acqua Pubblica in Commissione Consiliare a Perugia

Mercoledì 19 febbraio il Comitato Umbro Acqua Pubblica è stato ascoltato dalle Commissioni Consiliari Permanenti II e IV in seduta congiunta del Comune di Perugia in seguito all’Odg presentato da Consiglieri di minoranza con il quale si chiede, tra le altre cose, di impegnare il Sindaco e la Giunta a “riconsiderare la possibilità di rendere pubblico il idrico, dando piena attuazione alla volontà popolare espressa nel referendum del 2011….” ed a “promuovere la costituzione di un forum sull’acqua con la partecipazione delle associazioni, dei Sindacati e del Comitato Umbro Acqua pubblica”.

Nessun dubbio sulla gestione del servizio idrico integrato da parte del Comitato che, viene ribadito, deve essere pubblica e partecipata dai cittadini, secondo un nuovo modello che si sta diffondendo in Europa e nel mondo.

Mentre Umbra Acque spa festeggia il record di oltre 4 milioni di euro di utili conseguito nel 2018 ed il Gruppo ACEA spa festeggia l’aumento delle proprie quotazioni in borsa, il Comitato ha ricordato che di ciò si deve solo ringraziare i cittadini: sono questi ultimi infatti che finanziano totalmente il Servizio idrico tramite il pagamento delle bollette e delle tasse.

Le risorse dei cittadini sono infatti lunica fonte di finanziamento delle opere, mentre la componente privata di Umbra Acque SPA (ACEA partecipata dalla multinazionale SUEZ) dopo il versamento della quota di capitale non ha mai aggiunto altre risorse e si limita a stabilire la “strategia aziendale” per migliorare i profitti, aumentando le tariffe.

Il pagamento di 5 centesimi di € al litro dell’acqua prelevate nelle sempre più diffuse “casette dell’acqua”, sempre a detta del presidente di U.A. spa, è simbolico e rappresenta un segno di rispetto della risorsa. Noi pensiamo invece che il rispetto della risorsa si dimostra prendendosi cura delle reti, evitando le perdite, attuando politiche di conservazione delle sorgenti e dell’ambiente, mentre in questo caso gli investimenti non vengono completati e le perdite delle reti arrivano a superare il 50%. D’altra parte come dice il Presidente di U.A. spa “se ci sono voluti 15 anni per arrivare a questo punto, non si può certo recuperare in un solo anno, bisognerà aspettare i tempi necessari” dimenticando che negli scorsi 15 anni l’Amministratore Delegato di Umbra Acque spa è stato sempre un incaricato di ACEA spa.

Quindi siamo sicuri che da qui al 2027, anno di scadenza della convenzione, Umbra acque spa con la sua componente privata riuscirà a migliorare le condizioni del servizio? Oppure no, come crediamo noi.

Mentre Umbra Acque spa sta già lavorando per ottenere una proroga della gestione al 2031, anno in cui si riallineano le scadenze contrattuali degli altri gestori, per convogliare le aziende in un unico gestore regionale, sarà bene che i Comuni Umbri comincino a progettare una nuova gestione partecipata dai cittadini che garantisca il diritto all’accesso all’acqua per tutti e la salvaguardia delle risorse per le generazioni future.

Ordine Del Giorno Comune di Perugia

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6 gennaio 2020 – MAIN BASSE SUR L’EAU (LE MANI SULL’ACQUA) – Il Film

 

lunedì 6 gennaio, in via del lavoro 29 a Perugia

– ore 12 con pranzo condiviso (ognuno porterà qualcosa).

– ore 15 tradizionale “RIFFA DELLA BEFANA” con in palio gli oggetti che avete per casa di cui non avete mai avuto il coraggio di disfarvi

– ore 17,00 proiezione in anteprima nazionale del film

 

MAIN BASSE SUR L’EAU (LE MANI SULL’ACQUA)”

un film di Jerome Fritel – Francia 2018

sottotitolato in italiano a cura del comitato umbro acqua pubblica.

Le più grandi risorse d’acqua al mondo sono divenute preda dei mercati finanziari e diventeranno il prossimo casinò mondiale.

Il riscaldamento climatico, l’inquinamento, la pressione demografica, l’agricoltura intensiva, fanno dell’ “oro blu” la risorsa più richiesta del pianeta nel XXI° secolo.

Oggi le banche e i fondi d’investimento, attratti dal valore al rialzo degli investimenti nei servizi idrici e collegati ad essi, sono sempre più impegnati a creare mercati e a speculare sull’acqua, sorgente di profitti sicuri e consistenti, stranamente con l’appoggio di ONG ecologiste.

I banchieri con risate ciniche sognano di mettere un prezzo alla vita stessa, malgrado il riconoscimento del diritto universale all’accesso all’acqua per tutti da parte dell’ONU.

In Australia, il continente più caldo della terra, l’acqua è quotata in borsa e attira banchieri e ricchi investitori dal mondo intero, costringendo i contadini al fallimento.

Il tema è molto attuale anche nei nostri territori, dove i privati piano piano si stanno accaparrando le quote di proprietà dei comuni per estrometterli completamente dal controllo sulla gestione ed avere campo libero sulle bollette degli utenti.

Vi aspettiamo!

Comitato Umbro Acqua Pubblica

3381912990 – 333782643

STAMPATO IN PROPRIO VIA DEL LAVORO 29 – PERUGIA

 

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il grande accaparramento dell’acqua: Wall Street stà acquistando l’acqua nel mondo

                 

da: https://www.ecologise.in/2019/11/17/the-new-water-barons-wall-street-is-buying-up-the-worlds-water/

Un articolo che analizza puntualmente come la grandi società finanziarie (JPMorgan, Citygroup, Goldman Sacks, UBS, DB e altri…) e potenti famiglie come quella di  George HW Bush destinano i loro investimenti verso il bene naturale oggi più redditizio: l’acqua.

Jo-Shing Yang riferisce su come banche di Wall Street come Citigroup e multiliardari stiano acquistando sorgenti d’acqua in tutto il mondo a un ritmo senza precedenti. Allo stesso tempo, i governi si stanno muovendo rapidamente per limitare la capacità dei cittadini di diventare autosufficienti nell’acqua. Leggi anche un rapporto investigativo di The Guardian: liquidità: come è impazzito il business dell’acqua in bottiglia

Jo-Shing Yang, Ricerca globale

Una tendenza inquietante nel settore idrico si sta accelerando in tutto il mondo. I nuovi “baroni dell’acqua” – le banche di Wall Street e i miliardari elitari – stanno acquistando acqua in tutto il mondo a un ritmo senza precedenti.

Mega-banche familiari e centrali di investimento come Goldman Sachs, JP Morgan Chase, Citigroup, UBS, Deutsche Bank, Credit Suisse, Macquarie Bank, Barclays Bank, Blackstone Group, Allianz e HSBC Bank, tra gli altri, stanno consolidando il loro controllo sull’acqua. Magnati ricchi come T. Boone Pickens, l’ex presidente George HW Bush e la sua famiglia, Li Ka-shing di Hong Kong, Manuel V. Pangilinan delle Filippine e altri miliardari filippini, e altri, acquistano anche migliaia di acri di terra con falde acquifere, laghi , diritti idrici, servizi idrici e quote in società di ingegneria e tecnologia idrica in tutto il mondo.

La seconda tendenza inquietante è che mentre i nuovi baroni dell’acqua stanno acquistando acqua in tutto il mondo, i governi si stanno muovendo rapidamente per limitare la capacità dei cittadini di diventare autosufficienti nell’acqua (come evidenziato dal ben pubblicizzato caso di Gary Harrington in Oregon, dove lo stato ha criminalizzato la raccolta di acqua piovana in tre stagni situati sulla propria terra privata, condannandolo per nove motivi a 30 giorni in prigione).

Guardiamo questa criminalizzazione in prospettiva:

Il miliardario T. Boone Pickens possiede più diritti idrici di qualsiasi altro individuo in America, con diritti su gran parte della falda acquifera Ogallala per drenare circa 200.000 acri (o 65 miliardi di galloni di acqua) all’anno. Ma il comune cittadino Gary Harrington non può raccogliere il deflusso dell’acqua piovana su 170 acri di terra privata.

È uno strano Nuovo Ordine Mondiale in cui multimiliardari e banche elitarie possono possedere falde acquifere e laghi, ma i cittadini comuni non possono nemmeno raccogliere l’acqua piovana e il deflusso della neve nei loro cortili e terre private.

“L’acqua è il petrolio del 21° secolo”. Andrew Liveris, CEO di DOW Chemical Company (citato nella rivista The Economist, 21 agosto 2008)

Nel 2008, ho scritto un articolo dal titolo “Perché le grandi banche potrebbero acquistare il tuo sistema idrico pubblico”, in cui ho spiegato in dettaglio come la copertura mediatica tradizionale e alternativa sull’acqua sia tesa a concentrarsi su singole società e super-investitori che cercano di controllare l’acqua acquistando diritti idrici e servizi idrici. Ma paradossalmente la storia nascosta è molto più complicata. Ho sostenuto che la vera storia del settore idrico globale è una storia contorta che coinvolge il “capitale globalizzato ad incastro”: Wall Street e le società di investimento globali, le banche e altre società di private equity d’élite – che spesso trascendono i confini nazionali per collaborare tra loro, con banche e hedge funds, con società tecnologiche e giganti delle assicurazioni, con fondi pensione regionali del settore pubblico.

Ora, nel 2012, stiamo assistendo ad un’accelerazione di questa tendenza Continued…

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Acqua: l’Umbria è la seconda regione d’Italia per le tariffe più care!

Lo studio nazionale sulle tariffe di Cittadinanza Attiva riporta che l’Umbria è la seconda regione d’Italia per le tariffe del servizio idrico più alte e che circa la metà dell’acqua immessa nelle tubature umbre si disperde prima di arrivare alle case dei cittadini.

Viene da se chiedersi il perché di tutto questo dopo oltre 15 anni di gestione privata del servizio idrico, attraverso società per azioni, in house e con la partecipazione di privati.

L’affidamento del servizio idrico da parte dei comuni ad una SPA, quale ad esempio Umbra Acque prevede una pianificazione economico finanziaria in funzione degli investimenti, con aumenti tariffari programmati per tutta la durata dell’affidamento a copertura dei costi correnti e degli investimenti, che garantiscono la cosiddetta “sostenibilità” economica, leggasi profitti garantiti per i soci.

Questa ci sembra l’unica cosa che la gestione privata riesca a garantire: gli utili d’esercizio.

Per esempio nell’ultimo anno, il 2018, l’utile è stato particolarmente fruttuoso, € 4.212.396 non a caso in questo anno è stata modificata l’articolazione tariffaria.

Con la scusa di creare la tariffa agevolata è stata di fatto tolta la tariffa base per cui la prima fascia tariffaria è passata da € 0,2848 per mc a € 0,8269 . Ciò ha fatto lievitare le bollette specie nei consumi più bassi.

Nel 2015 vennero aggiunte in tariffa le cosiddette “partite pregresse” circa 5,2 milioni di euro addebitati agli utenti in 6 rate a partire da agosto 2015.

Se nel 2015 e 2016 l’utile si è attestato sotto il milione di euro, nel 2014 e 2017 lo ha superato.

Il 2013 invece è stato un altro anno proficuo, l’utile di Umbra Acque spa è stato di € 3.102.000. Fu in quell’anno infatti che venne inserito tra i costi il cosiddetto FONI Fondo Nuovi Investimenti, per un’importo di € 4.957.624,00, da destinare ad investimenti non bene specificati, oltre a quelli già coperti dal piano tariffario. Di questi fondi vennero utilizzati solo € 400.000 per le utenze disagiate.

L’esperienza del FoNI è andata così bene che è stata ripetuta nell’articolazione tariffaria del 2017 per € 3.000.000, 2018 € 4.100.000 e 2019 € 5.100.000.

A proposito di investimenti, vi riportiamo di seguito gli ultimi dati dei controlli dell’Autorità d’Ambito:

2003-2007 Previsti in PdA € 60.881.019 – rendicontati € 27.260.398

2008-2010 Previsti in PdA € 40.543.008 – rendicontati € 26.168.179

2011-2013 Previsti in PdA € 34.945.594 – rendicontati € 23.415.526

2014 Previsti in PdA € 10.144.000 – rendicontati € 7.696.923

Operazioni tutte perfettamente regolari e legali, ma politicamente discutibili visto che parliamo di acqua, un bene primario fondamentale, libero in natura per le necessità della vita e del futuro del pianeta. Un bene talmente indispensabile per il quale tutti gli utenti sono disposti a pagare, tanto che per le società finanziarie oggi rappresenta uno degli investimenti più redditizi.

Ribadiamo che i canoni ai comuni per i mutui sono stati prima imputati in tariffa (1), poi, per quanto riguarda quelli non rimborsati, sono stati pagati dalla fiscalità locale (leggasi tasse dei cittadini) (2), in più, come riportato nel c.s. di Umbra Acque spa pubblicato su Umbria Journal del 19/10 u.s., pagati anche con i con i soldi dei conguagli (3): sono quindi 3 le volte che i cittadini pagano per i mutui accesi per gli impianti.

Per concludere, in risposta alle minacce di azioni legali nei confronti di questo comitato contenute nel comunicato stampa suddetto, consigliamo a Umbra Acque spa di non spendere inutilmente altri soldi degli utenti per azioni legali contro di loro, solo per tutelare l’immagine della SPA, partecipata da ACEA, quindi dalla multinazionale SUEZ,  tutti soggetti che conoscono perfettamente quanto rende la gestione del servizio idrico!

Recentemente infatti Umbra Acque ha organizzato un tavolo tecnico con alcuni Sindaci per valutare l’acquisto delle quote dei Comuni ed escluderli completamente dalla gestione e naturalmente dai profitti, mentre  la natura del servizio che è chiamata a svolgere dovrebbe essere di esclusivo interesse generale, interesse che, riteniamo, può essere tutelato solo da una gestione pubblica e controllata dalla partecipazione dei cittadini stessi.

Comitato Umbro Acqua Pubblica 

Il Presidente

Michel Drouin

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Cambiano i governi nazionali e locali, ma il diritto all’acqua resta calpestato!

L’efficientamento della gestione tanto propagandato da Umbra acque spa, pagato con gli ultimi aumenti tariffari, serve ad aumentare i profitti ma sicuramente non a soddisfare il diritto fondamentale dell’accesso all’acqua.

Infatti Umbra Acque spa ha avviato una nuova ondata di distacchi dell’acqua.

Basta un disguido bancario, una bolletta non ricevuta senza che l’utente se ne accorga, o semplicemente non avere la possibilità di pagare che arriva a casa l’operatore a staccare l’acqua. Non importa se non hai ricevuto nessun avviso; sui tablet in dotazione agli operatori l’avviso risulta inviato, d’altronde non c’è più bisogno nemmeno della firma di ricevuta! (sic), quindi si può procedere al distacco.

La metà dell’acqua potabile si perde nelle reti, però il gestore privato dell’ATI 1 e 2 dell’Umbria non esita a lasciare famiglie, persone, malate o no, senza un bene di prima necessità come l’acqua, nella completa indifferenza dei Sindaci, le cui politiche ormai sono completamente asservite alle multinazionali.

Eppure non si parla altro che di acqua come diritto umano fondamentale che deve essere tutelato: l’ONU lo ha dichiarato con la risoluzione del 28 luglio 2010; il Parlamento Europeo lo fece già con la Risoluzione del 4 settembre 2003 dove stabilì che “l’accesso all’acqua potabile pulita in quantità e qualità congrue costituisce un diritto umano fondamentale” e che “i governi nazionali hanno il dovere di adempiere a questo obbligo;” https://contrattoacqua.it/public/upload/1/2/tab_elms_docs/13278296761-acqua-e-pe.pdf

In Italia il diritto all’accesso all’acqua, strettamente “connesso all’uso dell’acqua potabile in casa” è sicuramente collegato all’art. 32 della Costituzione sulla tutela il diritto alla salute (sent.ze Tribunale di Cagliari 31/03/2014; Trib. di Fermo del 23/3/2016; Corte di Cassazione sentenza n. 16894/16).

Anche l’ARERA, l’autorità del mercato del servizio idrico (nonostante il popolo italiano abbia detto no alla privatizzazione dell’acqua con il referendum del 2011) ha posto un limite ai distacchi degli utenti morosi, stabilendo, con delibera 311/2019/R/idr, che il servizio idrico può essere sospeso solo per un mancato pagamento superiore all’importo “annuo dovuto dall’utente relativamente alla fascia di consumo a tariffa agevolata, ossia 50 litri/abitante/giorno”, volendo garantire agli utenti almeno il minimo vitale giornaliero a persona, oppure in caso di

Ma i Sindaci dell’AURI tutto fanno tranne che tutelare gli utenti, così l’Umbra Acque spa (leggasi ACEA e SUEZ) fa da padrona sull’acqua, privando i cittadini di un bene essenziale diritto umano fondamentale.

Se il dovere di ogni primo cittadino è quello di gestire la res-pubblica vogliamo che i Sindaci dell’AURI vietino i distacchi e pretendano dal gestore il rispetto della convenzione, cioè:

– la realizzazione degli investimenti programmati e pagati con i soldi pubblici e le tariffe degli utenti;

il rimborso dei canoni dei mutui, che Umbra Acque incassa con le bollette. Mutui che i cittadini pagano due volte, la prima nelle bollette, la seconda attraverso la fiscalità locale.

Comitato Umbro Acqua Pubblica

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